martedì 25 dicembre 2012

Ecco, io faccio nuove tutte le cose *


Dai "Discorsi" di San Leone Magno, papa
Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci!
Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne.
Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti.
Esulti il santo, perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita.
Il Figlio di Dio infatti, giunta la pienezza dei tempi che l’impenetrabile disegno divino aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana, l’assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava.
Così alla nascita del Signore gli angeli cantano esultanti: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14).
Essi vedono che la celeste Gerusalemme è formata da tutti i popoli del mondo.
Di questa opera ineffabile dell’amore divino, di cui tanto gioiscono gli angeli nella loro altezza, quanto non deve rallegrarsi l’umanità nella sua miseria!
O carissimi, rendiamo grazie a Dio Padre per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo, perché nella infinita misericordia, con cui ci ha amati, ha avuto pietà di noi e, mentre eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo (cfr. Ef 2, 5) perché fossimo in lui creatura nuova, nuova opera delle sue mani.

*Apocalisse 21,5

buon Natale


Nessuno può dire: ho la Verità - questa è l'obiezione che si muove - e, giustamente, nessuno può avere la Verità. E' la Verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei. Dio ci è diventato così vicino che Egli stesso è un uomo: questo ci deve sconcertare e sorprendere sempre di nuovo! Egli è così vicino che è uno di noi. Conosce l'essere umano, lo conosce dal di dentro, lo ha portato con le sue gioie e le sue sofferenze. Come uomo, mi è vicino, vicino "a portata di voce".
papa Benedetto XVI

domenica 23 dicembre 2012

Liturgia penitenziale 23/12/2012

SIGNORE, LIBERAMI DA ME STESSO (Michel Quoist)

Signore, mi senti?
Soffro tremendamente.
Asserragliato in me stesso,
prigioniero di me stesso.
Non sento che la mia voce,
non vedo che me stesso,
e dietro di me non v’è che sofferenza.

Signore, mi senti?
Liberami dal mio corpo, che è tutto brama e tutto quello che tocca con i suoi innumerevoli grandi occhi, con le sue mille mani tese, è solo per coglierlo e cercare di calmare la sua insaziabile fame.

Signore, mi senti?
Liberami dal mio cuore, tutto gonfio di amore, ma, mentre credo di amare pazzamente, intravedo rabbioso che ancora amo me stesso nell’altro.

Signore, mi senti?
Liberami dal mio spirito, pieno di se stesso, delle sue idee, dei suoi giudizi; non sa dialogare, perché non lo colpisce altra parola fuorché la sua.

Solo, mi annoio, mi detesto, mi disgusto,
e mi rigiro nella mia sudicia pelle come il malato nel suo letto bruciante da cui vorrebbe scappare.
Tutto mi sembra brutto, mostruoso, senza luce,
perché non posso veder nulla se non attraverso me.
Mi sento disposto ad odiare gli uomini ed il mondo intero,
per dispetto, perché non li posso amare.
Vorrei uscire,
vorrei camminare, correre verso un altro paese.
So che esiste la GIOIA, l’ho vista raggiare sui volti.
So che brilla la LUCE, l’ho vista illuminare gli sguardi.
Ma Signore, non posso uscire, insieme amo e odio la mia prigione,
perché la mia prigione sono io
ed io mi amo,
mi amo, o Signore, e mi faccio ribrezzo.

Signore, non trovo neppure più la porta di casa mia.
Mi trascino a tastoni, accecato,
urto nelle mie stesse pareti, nei miei propri limiti,
mi ferisco.
Ho male.
Ho troppo male e nessuno lo sa, perché nessuno è entrato in casa mia.
Sono solo, solo.

Signore, Signore, mi senti?
Signore, indicami la mia porta,
prendi la mia mano.
Apri.
Indicami la Via,
la via della GIOIA, della LUCE.

Ma..
Ma, o Signore, mi senti Tu?

Figliuolo, Io ti ho sentito.
Mi fai compassione.
Da tanto tempo spio le tue imposte chiuse: aprile,
la Mia luce ti rischiarerà.
Da tanto tempo Io sono davanti al tuo uscio sprangato: aprilo,
mi troverai sulla soglia.
Io ti attendo, gli altri ti attendono,
ma bisogna aprire,
ma bisogna uscire da te.

Perchè rimanere prigioniero di te stesso?
Sei libero.
Non ho chiuso Io la tua porta,
non posso riaprirla Io,
perchè sei tu dall’interno a tenerla solidamente sprangata.

man torn, blood blest


[...] Perché sappiate che io, trottola d'uomo,
Glorifico anche questa stella,
Urlata dagli uccelli, nata dal mare,
Martoriata dall'uomo, dal sangue benedetta.

[...] For you to know
How I, a spinning man,
Glory also this star, bird
Roared, sea born, man torn, blood blest.
Dylan Thomas, Poesie, Mondadori, 1970

martedì 18 dicembre 2012

Hanno perseguitato Cristo, oggi perseguitano i Cristiani

Se avessi scritto:  “Venne tra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto” (cfr Gv 1,11), sarei stato meno efficace.
A uccidere i Cristiani cominciò l’Impero Romano, che pur tollerava tutti i culti; e lo fece non certo perché fossero criminali, o perché non riconoscessero l’autorità imperiale. Molti cristiani infatti militavano nell’esercito, con giuramento di fedeltà, e secondo la mentalità del tempo erano pronti a difendere dai “barbari” il “limes”, cioè il confine dell’Impero.
È vero che i persecutori facevano girare su di loro le più strane storie, come l'accusa di sacrificare bambini e berne il sangue, ma queste erano dovute al fatto che i “misteri” erano rivelati solo agli iniziati (e l’accusa del Sangue derivava da una errata comprensione del sacrificio dell’Eucaristia, nel quale sotto le apparenze del pane e del vino si offre il Sangue di Cristo).
Allora perché Roma si sentiva minacciata da loro?
Perchè i seguaci della nuova religione, pur servendo fedelmente Roma, non le riconoscevano un valore assoluto e divino, che riservavano solo a Cristo Dio.
In una parola i cristiani erano - e sono - coloro che al di sopra di ogni valore mettono Gesù.
Ciò non li porta a cercare un altro mondo né a disprezzare le cose della vita terrena, ma a non prenderne mai alcuna come totalizzante. In più ritengono che il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, non possano essere stabiliti dagli uomini, neanche con l’autorità che proviene dalla maggioranza, ma solo da Dio attraverso la legge naturale.
Ieri contestavano all’Imperatore di ritenersi un essere divino e di poter agire a suo arbitrio, oggi parlano di “valori non negoziabili”. Vanno sempre oltre le soluzioni immediate (per esempio “l’amore mi porta a convivere” o “col divorzio mi rifaccio una vita”).
Dicono sempre: “Va bene però... bisogna guardare ciò che dice Dio”, in quanto Lui solo è l’Assoluto. Ed è questo “però” che infastidisce, perché il riferimento a Dio sembra impedire l’esercizio della libertà.
È facile accorgersi, come notano gli storici delle persecuzioni romane, che per gli imperatori, i quali ritenevano se stessi “divini” (facendosi così molto più simili al modello dei tiranni orientali, e rinunciando di fatto a quello della Roma Repubblicana guidata dal Senato), i Cristiani fossero una minaccia.
La persecuzione della Roma antica è per molti aspetti simile alla cristianofobia che oggi pervade l’occidente. Essa qui in Europa non sopprime materialmente, ma opera una discriminazione culturale che emargina la fede cristiana e di fatto la uccide, presentandola come superata, vecchia e nemica dell’uomo.
Guai se i cristiani affermano che Dio ha dei diritti anche nella vita sociale (il Regno Sociale di nostro Signore Gesù Cristo; cfr. enciclica “Quas primas” di Pio XI), o difendono il matrimonio naturale con la sua complementarietà di sessi.
Guai se proclamano che l’amore maturo non è solo attrazione affettiva o pura ricerca di piacere, ma impegno ufficialmente preso di mutua donazione e di procreazione.
Ancor peggio se ricordano alla nostra società materialista che non basta riempire l’uomo di cose, servizi, centri di benessere, sport o della demagogia dei diritti, ma è indispensabile fargli intravedere un fine che vada al di là dei suoi 80 anni di vita.
Negli ultimi due secoli, l’uomo occidentale inebriato di ragione immanente, si è convinto di essere “divino” cioè autore col suo pensiero e con la dittatura del numero, della sua auto-salvezza. E quando uno è convinto di salvarsi da solo, non ha più bisogno di un Salvatore. Chi gliene parla diventa anacronistico e a lungo andare odioso.
Per i cristiani a Natale l’Unico Salvatore torna nel mondo e, a costo di essere perseguitati, Lo vogliono accogliere.
Don Giorgio Bellei
articolo tratto da qui.

mercoledì 12 dicembre 2012

Bartolo Cattafi: un poeta siciliano


Bartolo Cattafi, Poesie 1943-1979, Mondadori, 2001

Un incontro di santità

Per lunghi anni Francesco di Sales educò Francesca Frémyot de Chantal a un solo obiettivo: a che il cuore le bruciasse di desiderio al solo udire l’espressione “volontà di Dio”, anche quando non sapeva ancora determinare a che cosa Dio intendesse condurla.

Dalla loro corrispondenza si trae una raccolta di splendide massime, di cui tutti potremmo utilmente servirci.

«Bisogna fare tutto per amore e nulla per forza. Amare l’obbedienza più di quanto si teme la disobbedienza».

«Siate contenta di considerarvi ben poca cosa, perché la vostra miseria serve al buon Dio per esercitare la Sua misericordia».

«Non temete mai Dio, perché non vuol farvi alcun male. Amatelo invece molto, perché vuol farvi ogni bene. Non cercate di vincere le tentazioni con violenza, perché questi sforzi le rendono più insistenti. Immaginatevi Gesù Crocifisso tra le vostre braccia, e, baciando il Suo costato aperto all’amore, ditegli cento volte: “E’ qui la mia speranza, è qui la sorgente viva della mia felicità. Nulla mi separerà dal mio amore».

«Non si può pretendere che nessuna foglia del vostro albero sia agitata dal vento. E’ sufficiente che rimanga attaccata…».

«Dio vi ha custodita fino al presente. Tenetevi strettamente attaccata alla Sua mano… Vi accorgerete che dove non potete camminare da sola, vi prenderà tra le Sue braccia e vi guiderà».

Liberamente tratto da: A. M. Sicari, Santi nella carità. Figli, discepoli, amici di Vincenzo de’ Paoli, Jaca Book, 2007.
Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi.
Is 40,31.

sabato 8 dicembre 2012

IMMACOLATA CONCEZIONE


« Perciò, dopo aver presentato senza interruzione, nell'umiltà e nel digiuno, le Nostre personali preghiere e quelle pubbliche della Chiesa, a Dio Padre per mezzo del suo Figlio, perché si degnasse di dirigere e di confermare la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato l'assistenza dell'intera Corte celeste e dopo aver invocato con gemiti lo Spirito Paraclito; per sua divina ispirazione, ad onore della santa, ed indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, ad esaltazione della Fede cattolica e ad incremento della Religione cristiana, con l'autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certa ed immutabile per tutti i fedeli. »
Pio IX, Ineffabilis Deus, 8 dicembre 1854

venerdì 7 dicembre 2012

Preghiere selvatiche


Benedette, tre volte, 
voi creature, in colui che, uno e trino,
tre volte benedetto e osannato,
ha voluto crearvi e l'ha tenuto
per 'cosa molto buona'.

Le creature
fatte a fin di bene, per loro e per noi,
non mai usarle male, 
e si deturpa e imbratta il gran disegno 
di cui ciascuna è parte.

E poi ricorda col gran tedesco: 'Tutto il transeunte
non è altro che un simbolo'.

Ama pure ogni cosa creata, ma da ognuna
scocca una freccia che voli diritto
al suo fattore.
(I.A.Chiusano, Preghiere selvatiche)

sabato 1 dicembre 2012

Sua carità



Hanno ragione sul fatto della testimonianza, che molto tocca e ci contraddice. Però si aspettano siano i buoni a pregare, che solo i buoni possano inginocchiarsi: quelli con coscienza immacolata, quelli da rettitudine morale. Come Maria (però ne dimenticano il dolore). Perché inginocchiarsi, mettersi a pregare, non è un premio per la buona coscienza: la carità non è il regalo a punti del benzinaio. La cerchiamo sempre, più grande di noi. C'inginocchiamo perché non siamo santi, perché siamo indegni. Perché Lui è Santo, e Lui è degno: lo vediamo nel mattino, nelle colline; nel freddo improvviso alle mani a settembre, nella luna l'altroieri piena: dove tutto vive. Soprattutto, ne sentiamo la mancanza. Ne soffriamo il digiuno dopo giorni, la domenica mattina. Però Lui chiama in questa assenza: la nostra assenza, la nostra sufficienza. Nel nostro stare mezzi (mezzi pieni, mezzi veri) chiama ancora dentro il cuore, Lui soffia, comprende, dice: "Come hai fatto, vieni": noi, gli operai dell'ultim'ora, gli scandalizzanti che saremo sempre. Perché Lui è giusto, e Lui è buono: non è di questo che sono invidiosi?