martedì 31 dicembre 2013

Te deum del cuore (D. Rondoni)

E ora che l’anno finisce, il cuore deve de­cidere da che parte stare. Il cuore, che è la sede delle decisioni che davvero segnano l’esistenza, come dice la Bibbia. E il nostro cuore, adesso che finisce un anno duro e pie­no di fatiche, deve decidere: lamento o gra­titudine? È sempre così. Di fronte a un anno che passa, come di fronte al viso dei propri figli, o delle persone che ti trovi accanto. Hai mille motivi per lamentarti, cuore nostro. Mil­le motivi per dare voce alle ferite. Alle delu­sioni. Ai torti subiti. Mille motivi per far par­lare la lingua amara della rivendicazione. O la lingua stanca dell’avvilimento.
Molte notizie che anche oggi troviamo sui giornali farebbero salire parole dure dal cuo­re. Ma come c’è la durezza della pena, c’è an­che la durezza della gioia. La resistenza, la forza della gratitudine. Quella che proviamo per cose che magari sui giornali non ci fini­scono. La gratitudine per le cose da niente che costellano la nostra vita. Per il respiro che ancora ci viene accordato, e il riso e anche per il pianto con cui conosciamo il dolore e l’amore. Le cose che non fanno notizia, co­me il sorriso di un figlio, l’occhiata della per­sona che amiamo, il suo voltarsi quando la salutiamo. Quelle cose da niente che non fan­no notizia, ma che ci suggeriscono una gra­titudine invincibile. E noi vogliamo scegliere di rendere grazie per queste cose da niente. Per la fede dei semplici, papi nel fulgore del loro ministe­ro o ammalati nella penombra della loro of­ferta. Vogliamo ringraziare per tutte le ma­dri che, camminando lavorando soffrendo, non perdono la speranza. E custodiscono l’amore. Per tutti quelli che non fanno no­tizia e fanno andare il mondo, mettendo cu­ra e pazienza in lavori senza onori appa­renti. Gratitudine per la bellezza spavento­sa e dolce di questo posto chiamato Italia, edificato dal genio, dalla fede e dalla opero­sità dei nostri padri, sotto i cui cieli abitia­mo e vediamo panorami per cui vale la pe­na essere venuti al mondo. Il nostro cuore decide di ringraziare, in questa fine d’anno. Per le cose che ci hanno corretto. Per quel­le che, pure facendoci soffrire, ci hanno le­gato di più a ciò che vale. E ringraziare per le cose da niente, i ‘buon­giorno’ scambiati per le scale, i ‘se hai biso­gno di una mano, ci sono’ che ci hanno det­to anche con gesti silenziosi. Vogliamo ren­dere grazie per la benedizione dei bambini nostri e per quelli degli altri. Per i loro visi do­ve tutto reinizia. E per la pazienza dei nostri anziani, che onorano il tempo senza sentir­lo come una ingiustizia, ma come un chiari­mento. Vogliamo ringraziare per la pazienza preziosissima dei sofferenti nel corpo, nella mente. Per chi è restato senza lavoro, ma non senza dignità. Per le cose che non fanno mai notizia, come la cura e l’amicizia offerta da tanti a chi è solo. Per il mare di bene che con onde silenziose sostiene il nostro viaggio.

Ora che l’anno finisce strapperemo il cuore dalle mani del demonio lamentoso che vor­rebbe non farci vedere come i cuori di tutti cercano il bene. Ora che finisce l’anno con tutte le sue ferite e le sconfitte e le perdite, rin­grazieremo per tutti i doni, e per il segreto bene che si nasconde anche nel patimento se una mano ci passa sugli occhi come ai bambini. Ringrazieremo per tutti gli abbrac­ci silenziosi. Per i baci di amicizia e di amo­re scambiati. Per le cose da niente che non fanno notizia ma hanno fatto la vita e la spe­ranza per questo anno che finisce. E ringra­zieremo per il dono più misterioso di tutti, la fede. Per le mani che ce lo hanno offerto, per i volti che lo hanno confermato in mezzo al­le tenebre dell’anno. Per i dolci amici che ci hanno parlato di Lui, Signore buono dell’an­no che va e dell’istante che viene.

sabato 28 dicembre 2013

"La salvezza divina implica la lotta al peccato"


“La memoria del primo martire viene così, immediatamente, a dissolvere una falsa immagine del Natale: l’immagine fiabesca e sdolcinata, che nel Vangelo non esiste! La liturgia ci riporta al senso autentico dell’Incarnazione, collegando Betlemme al Calvario e ricordandoci che la salvezza divina implica la lotta al peccato, passa attraverso la porta stretta della Croce.” 

Papa Francesco – Santo Stefano 2013

venerdì 22 novembre 2013

Legge anti-omofobia: una reale necessità? quali prospettive?



Mercoledì 4 Dicembre 2013 alle ore 20,45
presso il Centro per le famiglie, Via Caduti sul lavoro 24 a Sassuolo

Relatore:               Dott. Pino Morandini
Magistrato, già vicepresidente nazionale del Movimento per la Vita

Moderatore:     Dott. Andrea Zambrano
Giornalista, caporedattore di Prima Pagina di Reggio


Promuovono l'iniziativa:  Centro Aiuto alla Vita e Associazione Scienza e Vita di Sassuolo

Sostengono l'iniziativa:   FederVita Emilia Romagna
Forum delle Famiglie regionale
Centro di Bioetica Moscati
Vicariato di Sassuolo - Valle del Secchia
Azione Cattolica vicariale
Nuovi Orizzonti di Sassuolo
Movimento Familiaris Consortio
Fondazione Incendo
Centro culturale L’umana avventura
Associazione Giovanni XXIII

martedì 19 novembre 2013

Il sogno della madre: Stefano Dal Bianco


Se state guardando una madre che dorme in poltrona
in un qualsiasi dopopranzo invernale
con il televisore temporaneamente spento
e con in casa l’imperiosa pace
di una raggiunta storia di famiglia,
restate lì, non ve ne andate
e copritela con uno scialle

Stefano Dal Bianco

giovedì 14 novembre 2013

Scusi il disturbo, Ingegnere... buon compleanno!

Nel giorno in cui ricorrerebbe il centoventesimo compleanno di Carlo Emilio Gadda, pubblichiamo le riflessioni di Teofilo, dall'incipit del dialogo intitolato "L'egoista" (1953).
 
 
 
Chi immagina e percepisce se medesimo come un essere «isolato» dalla totalità degli esseri porta il concetto di individualità fino al limite della negazione, lo storce fino ad annullarne il contenuto. L’io biologico ha un certo grado di realtà: ma è sotto molti riguardi apparenza, vana petizione di principio. La vita di ognun di noi pensata come fatto per sé stante, estraniato da un decorso e da una correlazione di fatti, è concetto erroneo, è figurazione gratuita. In realtà, la vita di ognun di noi è «simbiosi con l’universo». La nostra individualità è il punto di incontro, è il nodo o groppo di innumerevoli rapporti con innumerevoli situazioni (fatti od esseri) a noi apparentemente esterne. Ognuno di noi è limitato, su infinite direzioni, da una controparte dialettica: ognuno di noi è il no di infiniti sì, è il sì di infiniti no. Tra qualunque essere dello spazio metafisico e l’io individuo (io-parvenza, io-scintilla di una tensione dialettica universale) intercede un rapporto pensabile: e dunque un rapporto di fatto. Se una libellula vola a Tokio, innesca una catena di reazioni che raggiungono me.
 
Egoista è colui che ignora o trascura la condizione di simbiosi, cioè di necessaria convivenza, di tutti gli esseri. Egli crede di poter vivere solo, entità eminente nella vera luce su oscure e dimenticabili premesse. In realtà le sue funzioni vitali, come ad esempio lo svuotamento dell’intestino, si adempiono col necessario concorso di altri esseri, in fatto di alcuni miliardi di microorganismi specializzati che hanno eletto il loro domicilio nell’intestino stesso. Le radici delle piante devono appropriarsi l’indispensabile azoto sotto forma di nitrati (sali dell’acido nitrico); e ciò pervengono a fare grazie alla collaborazione di batteri nitrificatori, o batteri di Winogradski, che vivono, e infaticabilmente agiscono, aggrumati in popolose colonie sulla loro scorza. Tali batteri trasformano gli indigeribili nitriti (sali dell’acido nitroso, presenti nel terreno) in ghiotti nitrati. L’acido nitroso deriva dall’ozono, infuso nelle piogge da scariche elettriche cosiddette «oscure», di cui l’atmosfera suole palpitare in silenzio: ma anche da quelle dirompenti e accecanti.
 
L’egoista, buon per lui, ignora o trascura questi nessi, queste correlazioni di fatto. Non ha letto, e non ha meditato a sufficienza, la monadologia di Leibniz né i Karamazov di Dostoiewski. Non ha letto o non ha inteso i Vangeli.
 
C. E. Gadda, L'egoista, in I viaggi la morte, Garzanti, 1988-93.

mercoledì 6 novembre 2013

«Quando sento dire, Dio è buono, ci perdonerà; e in­tanto si continua a fare il male, quanta tristezza provo per quelle povere anime che ignorano cosa le attende nell'eternità!» 
Santa Caterina da Genova

sabato 2 novembre 2013

bye bye Lou


Jesus, help me find my proper place
Help me in my weakness
Cause I'm falling out of grace

(Lou Reed, 1942-2013)

martedì 29 ottobre 2013

«Voi chi dite che io sia?»

15 Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». 16 Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17 E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. 18 E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». 20 Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

domenica 27 ottobre 2013

S.DAZIERI, Attenti al gorilla - MILANO

Milano non piace quasi a nessuno di quelli che ci vivono. Non amano il ritmo che li spinge sempre di corsa. Hanno problemi di stomaco per i panini alla piastra e i piattini di verdura. Non sopportano la puzza di piscio dei sottopassaggi, l'odore del vomito dei tossici, il lastricato di preservativi nelle viuzze, la moquette di cacche di cane. Sognano il verde e trovano solo qualche albero morente e i parchi strapieni di polizia pronta a dirti che non sta bene sedersi sulla poca erba a farti i cavoli tuoi. Sono disorientati dalla mancanza di punti di ritrovo, dalle poche piazze senza panchine, dagli stili architettonici accrocchiati, dalle case a forma di cubo, di ananas, di pigna, di finto rococò e finto gotico. Non capiscono che Milano non è una città, ma un grumo di lava che ha subito tutte le Furie. Che è sterile, come il deserto, e per starci bisogna essere attrezzati. Che non è adatta ai dilettanti. Per questo la amo. 

S. DAZIERI


venerdì 4 ottobre 2013

E il Verbo si fece carne*

M. I. Rupnik, San Francesco bacia il lebbroso,
San Giovanni Rotondo (FG)


Ricordatevi quello che Benedetto XVI ci ha detto:
“La Chiesa non cresce per proselitismo. Cresce per attrazione”.
E quello che attrae è la testimonianza.
San Francesco diceva ai suoi frati: “Predicate il Vangelo sempre e, se fosse necessario, anche con le parole”.
 
dal Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al Congresso Internazionale sulla Catechesi, 27 settembre 2013

*Gv 1,14

martedì 1 ottobre 2013

E Francesco?


E Francesco?
«È grandissimo perché è tutto. Uomo che vuole fare, vuole costruire, fonda un Ordine e le sue regole, è itinerante e missionario, è poeta e profeta, è mistico, ha constatato su se stesso il male e ne è uscito, ama la natura, gli animali, il filo d’erba del prato e gli uccelli che volano in cielo, ma soprattutto ama le persone, i bambini, i vecchi, le donne. È l’esempio più luminoso di quell’agape di cui parlavamo prima.

dall'intervista di Eugenio Scalfari a Papa Francesco 1/10/2013 Memoria di S. Teresa di Gesù Bambino

domenica 22 settembre 2013

[luca di oggi]

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti. E chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti.

Lc 16, 10

giovedì 8 agosto 2013

"Chi crede, cammina": marcia francescana

HO VISTO
(testo di Fra Michele Passamani, frate cantautore in marcia con il Nord Italia)

Ho visto strade deserte di dolore
Ho visto mani piene di condivisione
Ho visto case chiuse da grandi cancelli
Ho visto cuori aperti ed accoglienti

Ho visto e canto.
Ho visto, e canto.

Ho visto piazze piene di confusione
Ho visto giovani in ricerca con grandi valori
Ho visto chiese sporche ed abbandonate
Ho visto occhi che brillano nella Fede

Ho visto e canto.
Ho visto, e canto.

Voglio cantare al Signor perché è Dio, perché è Dio,
e cammina con noi.
Ci dona la vita Sua, è l'Amore.
Ci dona di camminare con Lui, la vita del mondo è da Lui.

Ho visto fabbriche di stress e solo interesse
Ho visto gesti d'amore che non andranno persi
Ho visto organizzazioni delinquenti e mafiose
Ho visto piedi che inseguono giustizia e amore

Ho visto e canto.
Ho visto, e canto.

Ho visto intere famiglie senza più speranza
Ho visto braccia di pace per un nuovo futuro
Ho visto stanze di silenzio ed emarginazione
Ho visto orecchie attente per un anziano signore

Ho visto e canto.
Ho visto, e canto.

Voglio cantare al Signor perché è Dio, perché è Dio,
e cammina con noi.
Ci dona la vita Sua, è l'Amore.
Ci dona di camminare con Lui, la vita del mondo è da Lui.

Ho visto Erodi senza alcuna meta
Ho visto molti Magi inseguire la cometa
Ho visto governanti e capi senza timore
Ho visto centurioni che con lacrime e stupore
stanno sotto la croce e credono nel Figlio, Gesù.

Ho visto e canto.
Ho visto, e canto.

Voglio cantare al Signor perché è Dio, perché è Dio,
e cammina con noi.
Ci dona la vita Sua, è l'Amore.
Ci dona di camminare con Lui, la vita del mondo è da Lui.

La vita del mondo è Lui.



domenica 4 agosto 2013


Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità. 

sabato 13 luglio 2013

Milano, agosto 1943


Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s'è udito l'ultimo rombo
sul cuore del Naviglio: E l'usignolo
è caduto dall'antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.

S. Quasimodo

sabato 22 giugno 2013

Pensieri

Ad una qualità che mi esalta, preferisco un difetto che mi umilia
(sr Caterina Pesci)

martedì 18 giugno 2013

Il Bene non è mai banale

"Per un cristiano il bene non è mai banale,
perché da quando Cristo nel Getsemani tolse la spada dalle mani di Pietro
rispondere al male con il bene è l'unica arma che il Signore ha posto nelle mani dei suoi fedeli. 
Il Bene non è mai banale.
Anche se quando hai eretto pietra su pietra con sacrifici e rinunce la costruzione che pur deve servire a Dio, 
una raffica spezza ogni cosa. 
Può apparire questa una delle tante contraddizioni del cristianesimo,
e racchiude invece una grande verità: 
la fatica val più dell'opera, agli occhi di Dio. L'opera può farci inorgoglire; 
la fatica rimane il solo titolo davanti al Signore."

(Odoardo Focherini)

Volontà e volontà

"Aggiungo questa mattina, giorno di santa Cecilia, che il proverbio preso dal nostro san Bernardo: L'inferno è pieno di buone volontà e di buoni desideri, non vi deve turbare minimamente.
Vi sono due specie di buone volontà. Una dice: lo vorrei far bene, ma non fa e non lo farà mai. L'altra dice: lo voglio far bene, ma non ho tanta capacità di fare quanta ne ho di volere. Solo questo mi ferma.
La prima volontà riempie l'inferno; la seconda riempie il Paradiso. La prima non fa altro che cominciare a volere e a desiderare, e non si decide mai a volere sul serio. I suoi desideri nono sono abbastanza coraggiosi; non sono altro che aborti di volontà, e quindi, essa riempie l'inferno. La seconda, invece, produce desideri completi e ben formati."
(Francesco di Sales, Lettere di amicizia spirituale, pag. 62)

sabato 8 giugno 2013

Custodiva tutte queste cose nel suo cuore*


Gioisci, mio cuore,
della strada baciata dalle suole.
Non arresti il passo
lo stupore del cammino.
Custodisci e dona
come la terra il seme
l’attesa e la vita.
 
*Lc 2, 51

 
 

domenica 2 giugno 2013

Mangia, perché è troppo lungo per te il cammino*

Tutte le dimensioni dell’Eucaristia si rannodano in un aspetto che più di tutti mette alla prova la nostra fede: è il mistero della presenza “reale”. Con tutta la tradizione della Chiesa, noi crediamo che, sotto le specie eucaristiche, è realmente presente Gesù. Una presenza – come spiegò efficacemente il Papa Paolo VI – che è detta “reale” non per esclusione, quasi che le altre non siano reali, ma per antonomasia, perché in forza di essa Cristo tutto intero si fa sostanzialmente presente nella realtà del suo corpo e del suo sangue. Per questo la fede ci chiede di stare davanti all’Eucaristia con la consapevolezza che siamo davanti a Cristo stesso. Proprio la sua presenza dà alle altre dimensioni – di convito, di memoriale della Pasqua, di anticipazione escatologica – un significato che va ben al di là del puro simbolismo. L’Eucaristia è mistero di presenza, per mezzo del quale si realizza in modo sommo la promessa di Gesù di restare con noi fino alla fine del mondo.

Beato Giovanni Paolo II, Mane nobiscum Domine, 2004.

*1Re 19,7.

sabato 1 giugno 2013

"La Chiesa non è un’organizzazione di cultura”


"La Chiesa non è un’organizzazione di cultura”, ma è “la famiglia di Gesù”: è quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che i cristiani non devono avere vergogna di vivere con lo scandalo della Croce e li ha esortati a non lasciarsi "intrappolare dallo spirito del mondo". Alla Messa, concelebrata dal cardinale arcivescovo dell’Avana Jaime Lucas Ortega y Alamino, ha preso parte un gruppo di Gentiluomini di Sua Santità.
Con quale autorità fai queste cose? Papa Francesco ha svolto la sua omelia partendo dalla domanda rivolta a Gesù dagli scribi e dai sommi sacerdoti. Ancora una volta, ha osservato, vogliono tendere “una trappola” al Signore, cercando di portarlo “all’angolo” di farlo sbagliare. Ma qual è, si chiede il Papa, il problema che questa gente aveva con Gesù? Sono forse i miracoli che faceva? No, non è questo. In realtà, ha affermato, “il problema che scandalizzava questa gente era quello che i demoni gridavano a Gesù: ‘Tu sei il Figlio di Dio, Tu sei il Santo!”. Questo “è il centro”, questo scandalizza di Gesù: “Lui è Dio che si è incarnato”. Anche a noi, ha proseguito, “ci tendono trappole nella vita”, ma ciò che “scandalizza della Chiesa è il mistero dell’Incarnazione del Verbo”. E "questo non si tollera, questo il demonio non lo tollera”:
“Quante volte si sente dire: ‘Ma, voi cristiani, siate un po’ più normali, come le altre persone, ragionevoli!’. Questo è un discorso da incantatori di serpenti, proprio: ‘Ma, siate così, no?, un po’ più normali, non siate tanto rigidi …’. Ma dietro a questo c’è: ‘Ma, non venite con storie, che Dio s’è fatto uomo! L’Incarnazione del Verbo, quello è lo scandalo che c’è dietro! Noi possiamo fare tutte le opere sociali che vogliamo, e diranno: ‘Ma che brava, la Chiesa, che buona l’opera sociale che fa la Chiesa’. Ma se noi diciamo che noi facciamo questo perché quelle persone sono la carne di Cristo, viene lo scandalo. E quella è la verità, quella è la rivelazione di Gesù: quella presenza di Gesù incarnato”.
E “questo è il punto”, ha sottolineato Papa Francesco: “Sempre ci sarà la seduzione di fare cose buone senza lo scandalo del Verbo Incarnato, senza lo scandalo della Croce”. Dobbiamo invece “essere coerenti con questo scandalo, con questa realtà che fa scandalizzare”. E’ “meglio così: la coerenza della fede”. Il Papa ha, quindi, rammentato quanto afferma l’Apostolo Giovanni: “Quelli che negano che il Verbo è venuto nella carne sono dell’anticristo, sono l’anticristo”. D’altronde, ha detto ancora, “soltanto quelli che dicono che il Verbo è venuto nella carne sono dello Spirito Santo”. Papa Francesco ha dunque affermato che “ci farà bene a tutti noi pensare questo: la Chiesa non è un’organizzazione di cultura, anche di religione, anche sociale”: 
“La Chiesa è la famiglia di Gesù. La Chiesa confessa che Gesù è il Figlio di Dio venuto nella carne: quello è lo scandalo, e per questo perseguitavano Gesù. E alla fine, quello che non aveva voluto dire Gesù, a questi – ‘Con che autorità fai questo?’ – lo dice al Sommo sacerdote. ‘Ma, alla fine di': Tu sei il Figlio di Dio?’ – ‘Sì!’. Condannato a morte, per quello. Questo è il centro della persecuzione. Se noi diventiamo cristiani ragionevoli, cristiani sociali, cristiani di beneficenza soltanto, quale sarà la conseguenza? Che non avremo mai martiri: quella sarà la conseguenza”.
Quando invece noi cristiani diciamo questa verità, che “Il Figlio di Dio è venuto e si è fatto carne”, quando noi – ha proseguito il Papa – “predichiamo lo scandalo della Croce, verranno le persecuzioni, verrà la Croce” e ciò “sarà buono”, “così è la nostra vita”: 
“Chiediamo al Signore di non avere vergogna di vivere con questo scandalo della Croce. E anche la saggezza: chiediamo la saggezza di non lasciarci intrappolare dallo spirito del mondo, che sempre ci farà proposte educate, proposte civili, proposte buone ma dietro a quelle c’è proprio la negazione del fatto che il Verbo è venuto nella carne, dell’Incarnazione del Verbo. Che alla fine è quello che scandalizza quelli che perseguitano Gesù, è quello che distrugge l’opera del diavolo. Così sia”.


Alessandro Gisott - Radio Vaticana (articolo preso da qui)

mercoledì 22 maggio 2013

5 X 1000 alla Fondazione Gesù Lavoratore


Quest'anno devolvi il "5 per mille" alla Fondazione di Religione GESU' DIVINO LAVORATORE.
Indica il codice fiscale 01519010365.

domenica 19 maggio 2013

Francesco: Non possiamo essere cristiani “part time”.



"Paolo dà fastidio: è un uomo che con la sua predica, con il suo lavoro, con il suo atteggiamento dà fastidio, perché proprio annunzia Gesù Cristo e l’annunzio di Gesù Cristo alle nostre comodità, tante volte alle nostre strutture comode - anche cristiane, no? - dà fastidio. Il Signore sempre vuole che noi andiamo più avanti, più avanti, più avanti… Che noi non ci rifugiamo in una vita tranquilla o nelle strutture caduche, queste cose, no? Il Signore… E Paolo, predicando il Signore, dava fastidio. Ma lui andava avanti, perché lui aveva in sé quell’atteggiamento tanto cristiano che è lo zelo apostolico. Aveva proprio il fervore apostolico. Non era un uomo di compromesso. No! La verità: avanti! L’annunzio di Gesù Cristo: avanti!”
"Viviamo in un’epoca in cui si è piuttosto scettici nei confronti della verità. Benedetto XVI ha parlato molte volte di relativismo, della tendenza cioè a ritenere che non ci sia nulla di definitivo e a pensare che la verità venga data dal consenso o da quello che noi vogliamo. Sorge la domanda: esiste veramente “la” verità? Che cos’è “la” verità? Possiamo conoscerla? Possiamo trovarla? Qui mi viene in mente la domanda del Procuratore romano Ponzio Pilato quando Gesù gli rivela il senso profondo della sua missione: «Che cos’è la verità?» (Gv 18,37.38). Pilato non riesce a capire che “la” Verità è davanti a lui, non riesce a vedere in Gesù il volto della verità, che è il volto di Dio. Eppure, Gesù è proprio questo: la Verità, che, nella pienezza dei tempi, «si è fatta carne» (Gv 1,1.14), è venuta in mezzo a noi perché noi la conoscessimo. La verità non si afferra come una cosa, la verità si incontra. Non è un possesso, è un incontro con una Persona”.

«Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse `Mi vuoi bene?´. Questo dolore, questa vergogna Un uomo grande, questo Pietro ... peccatore, peccatore. Ma il Signore gli fa sentire, a lui e anche a noi, che tutti siamo peccatori. Il problema non è essere peccatori: il problema è non pentirsi del peccato, non avere vergogna di quello che abbiamo fatto. Quello è il problema. E Pietro ha questa vergogna, questa umiltà, no? Il peccato, il peccato di Pietro, è un fatto che con il cuore grande che aveva Pietro, lo porta ad un incontro nuovo con Gesù, alla gioia del perdono».

(interventi di Papa Francesco alla casa S. Marta, maggio 2013)

lunedì 13 maggio 2013

Madonnina lacrimosa e azzurra
non c'è sale negli occhi ma nel cuore
tu dipinta lasciata trascurata, 
neanche i vecchi i bambini si fermano.

Verremo il tredici del prossimo mese,
l'anima a festa cravatta e camicia
come s'addice nel giorno importante - 
come quando sei ritta sulla luna.

(Giorgio Casali)

mercoledì 1 maggio 2013

MAGGIO MESE DI MARIA


All'approssimarsi del mese di maggio, consacrato dalla pietà dei fedeli a Maria Santissima, esulta il nostro animo al pensiero del commovente spettacolo di fede e di amore che, fra poco, sarà offerto in ogni parte della terra in onore della Regina del Cielo. E' infatti il mese in cui, nelle chiese, negli oratori e nelle pareti domestiche, più fervido e più affettuoso dal cuore dei cristiani sale a Maria l'omaggio della loro preghiera e della loro venerazione. Ed è anche il mese nel quale più larghi e abbondanti dal suo trono affluiscono a noi i doni della divina misericordia. Ci riesce pertanto assai gradita e consolante questa pia pratica del mese di maggio, così onorifica per la Vergine e così ricca di frutti spirituali per il popolo cristiano.

dall'Enciclica Mense Maio di Paolo VI, 1965.

domenica 21 aprile 2013

avvolti in vesti candide



Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. 
E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».
Giovanni, Apocalisse, (7,9.14B-17)

giovedì 11 aprile 2013

Cristo è morto per Emma Bonino.


Se avessi una pur minima speranza di deviare il corso della storia ci proverei. Che so, andrei davanti al Quirinale, pronta anche a stendermi per terra sul manto stradale di via Nazionale, magari con le braccia tutte ricoperte di Bonnie Bracelets Club Monaco (mio ultimo oggetto dei desideri) in modo che mi si veda anche di notte se passa una macchina, sempre che abbia i fari accesi: rischiare la pelle sì, ma con stile. Farei qualsiasi cosa, se potessi, pur di sventare il pericolo che Emma Bonino diventi Presidente della Repubblica.
Se devo pensare a un’idea di male assoluto mi viene in mente chi uccide i bambini sotto il cuore della mamma. Ma non chi lo fa in un momento di disperazione, paura, vigliaccheria, povertà, incoscienza, solitudine, soffrendo di queste cose tutte insieme o di una sola. Quello non è il male assoluto, è solo una persona che sbaglia, e che può ritrovare il bandolo della matassa, che può addirittura, chiesto perdono, salire alle vette della santità . Però una donna che non solo aiuti materialmente le altre donne ad abortire, ma che difenda anche la loro possibilità di farlo, e che la chiami diritto, che spenda la sua intera vita per seminare morte e disperazione con l’arroganza di chi crede di avere ragione, beh, non mi viene in mente niente di più lontano dal bene.
Eppure Gesù Cristo è morto anche per Emma Bonino. Lui la ama. Lui ha dato la sua vita per lei, e fino a che avrà respiro la aspetterà a braccia aperte. Potrebbe anche succedere che la Bonino finisca per superarmi nel regno dei cieli, anzi, è del tutto probabile. Mi fa piuttosto fatica dirlo, ma è così. Io credevo di avere accumulato qualche piccolo vantaggio nella gara, ma magari in uno slancio, sostenuta dalla grazia, lei andrà a sedersi vicina vicina, e io avrò un posto in piccionaia, che poi sono pure miope, porca miseria.
Come si fa ad amare Emma Bonino (e Ignazio Marino, e Corrado Augias, e Odifreddi e Mancuso eccetera eccetera eccetera)? Quattro regole.
Uno:  non parlare mai male di loro. E qui sono già fuori con l’accuso. L’ho fatto, lo faccio sempre, anche pubblicamente. A volte anche da sola, se incontro una di quelle facce mentre leggo il giornale, di sera, quando i figli dormono (mi alleno per quando sarò vecchia, e borbotterò da sola litigando col telegiornale, non vedo l’ora). Argomentare sugli errori politici, sulle leggi, sulle azioni pubbliche, va bene se ci viene richiesto. Si deve denunciare la verità, ma mai parlare male delle persone, care a Cristo più della sua stessa vita.
Due: pregare per loro. Non se ne parla proprio. Prima ho il figlio della mia amica, in pancia, e quello ricoverato, e l’amica di E., e poi M. Le persone malate, i miei figli, mio marito, tutti gli amici fino al cinquantaseiesimo raggio di prossimità, e poi la fame nel mondo, le guerre e ogni fantasiosa attività del principe di questo mondo. Prima di dire una decina per Augias potrei arrivare a preoccuparmi della deforestazione, del dissesto idrogeologico, forse anche un po’ della piaga dei saponi che non rispettano il tuo ph.  Figuriamoci se ho tempo di pregare per quelli che sembrano stare dalla parte del male assoluto. Eppure credo che questa preghiera sciolga il cuore di Dio. E se poi l’oggetto del nostro amore faticoso è quello che mi ha sbarrato la strada al lavoro, quella mamma che mi umilia sempre ostentando i successi della sua prole ogm, quel familiare pesante, quel mio debitore disonesto, insomma persone con cui ho a che fare direttamente, allora si aggiungono altre due regolette.
Tre: mai fare qualcosa che possa danneggiarli, e qui la tentazione a volte è irresistibile.
Quattro: appena si presenta l’occasione, fare qualcosa di buono per lui/lei/loro. Capire a che punto sono del cammino e se per caso ci troviamo più avanti aiutarli a procedere di un passetto. Spiegare qualcosa, consigliare senza giudicare, accompagnare. Ciò significa che incontrando la Bonino per strada non solo non la si debba arrotare, cosa che verrebbe istintivo fare come primissimo atto, anche con una certa urgenza – cristianamente, si intende, sempre con misericordia. No. Anzi. Nel caso si dovrebbe anche offrire un passaggio, e non solo per un miglio ma per due. Qui siamo alla pura fantascienza, ma Gesù lo avrebbe fatto, e noi dobbiamo assomigliargli. Lo dobbiamo fare per far stare bene noi e gli altri. In questo momento di grida e parolacce e insulti e accuse pubbliche, come è riposante quando lo si incontra, in qualcuno che a forza di stare con lui ha finito per essere come lui…

lunedì 8 aprile 2013

Carità. Con viscere di misericordia


“Vi invito a lasciarvi evangelizzare dai poveri. Tante volte pensiamo di essere noi a portare il lieto annunzio ai poveri. Ma loro vivono meglio di altri certi valori, come l’abbandono fiducioso alla Provvidenza, la solidarietà nella sofferenza. I poveri ci evangelizzano. Sono provocazione di Dio per un mondo più giusto, più libero, più in pace, in cui la convivialità delle differenze diventi costume e l’etica del volto diventi motivo ispiratore di ogni comportamento umano. (…) Le nostre chiese devono accogliere i doni dei poveri. Siamo spesso incapaci di ricevere, siamo bravi solo a dare; bravi a lavare i piedi, non a lasciarceli lavare. Gesù ha detto: «Lavatevi i piedi gli uni gli altri». Il marocchino che se ne va per le nostre strade in cerca di casa e di lavoro è l’allegoria del nostro precariato, è l’emblema della nostra mancanza interiore di patria. (…) La Chiesa dunque ha scoperto la fonte dell’evangelizzazione: i poveri. Essi non sono soltanto i destinatari privilegiati dell’annuncio evangelico, non sono i terminali della nostra esuberanza pastorale apostolica, non sono l’oggetto del nostro impegno, ma sono essi stessi i portatori più efficaci del lieto messaggio di salvezza a tutti gli uomini”.

don Tonino Bello ("Carità. Con viscere di misericordia")

Preso da Missio (organismo pastorale della Cei)

Gli usi postmoderni del sesso: Z. Bauman



Per il teorico della "vita liquida" e dell'"amore liquido", come potrebbe il sesso non essersi allo stesso modo liquefatto, con l'affermarsi della società dei consumi? Nel breve saggio "Gli usi postmoderni del sesso", edito dal Mulino, Zygmunt Bauman fa risalire alla liberazione sessuale del Sessantotto, e alla rivoluzione consumistica avviata negli stessi anni, lo scollamento dell'erotismo – e quindi del desiderio – rispetto al sesso e all'amore. Del resto le merci, i beni di consumo, non fanno che accendere il desiderio di possesso (sopito quasi all'istante una volta realizzato), per poi riaccenderlo nei confronti di un nuovo prodotto, in una coazione a ripetere all'infinito. Non si tratta di un discorso moralistico, anzi, il maggior sociologo vivente prima fa i calcoli, quindi presenta il conto del modo postmoderno di intendere e vivere il sesso, l'amore e l'erotismo. 


Z. Bauman, Gli usi postmoderni del sesso, Mulino, Bologna 2013, pp. 84 (con introduzione di M. Ferraris)

mercoledì 3 aprile 2013

CARLO BETOCCHI: AVRO’ LA MIA TOMBA; SARAI TU CHE VERRAI



Avrò la mia tomba; sarai tu che verrai,
morte procace, non squallida come quei timidi
dicono: io son tuo amante, morte, mia morte
che raccogli la vita tra le braccia e la 
tramandi, dalle sue spoglie grano traendo,
e vita, nuova vita nel sole dei morti,
invisibile nella loro pace fruttifera,
da cui un'altra né mai diversa vita risorge,
nulla finisce, anzi tutto continua, o morte,
o amata morte, o amata.

(Carlo Betocchi, "Poesie del sabato", Mondadori, 1980)

sabato 30 marzo 2013

Scelgo gli occhi degli uomini

"Figlio, quando Tu partirai, crescente abisso eterno
nel quale scorsi ogni cosa
Padre, l'Amore significa necessità
di una crescita di gloria.

Figlio, guarda, non lontano dal Tuo chiarore
graniscono le spighe mature
E verrà un giorno in cui Ti toglieranno il fulgore,
in cui alla terra cederò la Tua luce.

Padre, guarda, non lontano dal mio amore
è il mio sguardo
e in esso avvolgo da secoli
quel giorno turgido nel suo verdeggiare.

Le Tue mani toglieranno dalle mie spalle
- Figlio, vedi questo annientamento,
il Tuo bagliore, quando verrà il giorno,
darò alle spighe della terra il turgore.

Padre, le mani staccate dalle Tue spalle
le salderò a un legno spogliato di verde,
e intriderò d'un pallore di grano
questa luce che muterai in spighe.

Figlio, quando partirai, eterno Amore,
della più intima corrente chi mai t'inonderà?

Padre, lascio il Tuo sguardo che s'empie di un'onda di sole,
scelgo gli occhi degli uomini
scelgo gli occhi delgi uomini, colmi d'una luce di grano.
[...]
Quando creavi i miei poveri occhi
e recavi l’abisso sulla Tua palma aperta,
pensavi a quello sguardo eterno
affascinato dall’abisso

e dicevi:
       Mi abbasserò, fratello
mi abbasserò, non lascerò mai soli i tuoi occhi,
e mi nasconderò dapprima nella croce,
poi, come il pane, nel grano maturo.

Allora penso:
       Ti abbassi così
perché nel cosmo non restino sole
le mie spalle lontane dalla croce
e i miei occhi pieni di nostalgia. 

Se l'amore tanto più è grande quanto più è semplice,

se il desiderio più semplice sta nella nostalgia
allora non è strano che Dio voglia 
essere accolto dai semplici
da quelli che hanno candido il cuore
e per il loro amore non trovano parole."

(Karol Wojtyla, dal "Canto del Dio Nascosto")

Sabato Santo


M.I. Rupnik,
Chiesa delle Suore Orsoline
Figlie di Maria Immacolata
Verona - Italia
La Morte aveva finito il suo beffardo discorso
e la voce di nostro Signore risuonò
fragorosamente nello Sheol,
aprendo ogni tomba una per una.
Terribili spasimi afferrarono la Morte nello Sheol;
dove la luce non era mai stata,
raggi brillarono dagli angeli che erano entrati
per far uscire i morti a incontrare
il Morto che ha dato vita a tutto.
La morte di Gesù è un tormento per me
(dice la Morte),
vorrei averlo lasciato vivo:
sarebbe stato meglio per me che la sua morte.
Qui c’è un morto la cui morte trovo detestabile;
alla morte di ogni altro io gioisco,
ma la sua morte mi tormenta,
e aspetto che torni alla vita:
durante la sua vita egli ha fatto rivivere
e portato di nuovo alla vita tre morti.
Ora attraverso la sua morte
i morti che sono venuti di nuovo alla vita
mi calpestano alle porte dello Sheol
quando vado per trattenerli.
Correrò e chiuderò le porte dello Sheol
davanti a questo Morto
la cui morte mi ha rapinato.
Chi sentirà ciò si meraviglierà della mia umiliazione,
perché sono stata sconfitta da un Morto
venuto da fuori:
tutti i morti vogliono andare fuori,
e lui insiste per entrare.
Un farmaco di vita è entrato nello Sheol
e ha riportato i suoi morti indietro alla vita.


Sant’Efrem il Siro, Inni sulla Risurrezione, n.  36, 11.13.14, Lipa 1999

venerdì 29 marzo 2013

Lei che, come un Sole, dissipa le tenebre dei nostri intrighi


Mentre predicava il Rosario nelle vicinanze di Carcassonne, a san Domenico fu presentato un eretico albigese posseduto dal demonio. Il santo, davanti a una folla che si ritiene composta di oltre dodicimila persone, lo esorcizzò, e i demoni che tenevano in dominio quel miserabile, furono costretti, loro malgrado, a rispondere alle domande dell'esorcista. E confessarono 
1) che nel corpo di costui erano in quindicimila perché egli aveva osato combattere i quindici misteri del Rosario; 
2) che san Domenico col suo Rosario terrorizzava tutto l'inferno e che essi stessi odiavano lui più di qualsiasi altra persona perché con questa devozione del Rosario strappava loro le anime;
3) rivelarono inoltre parecchi altri particolari.
San Domenico allora gettò la sua corona al collo dell'ossesso e chiese ai demoni chi mai fra tutti i santi del cielo essi temessero di più e chi, a parere loro, meritasse più amore e onore da parte degli uomini. A tale domanda gli spiriti infernali levarono alte grida sì che la maggior parte dei presenti stramazzarono a terra per lo spavento. Poi quei maligni, per non rispondere direttamente alla domanda, cominciarono a piangere e a lamentarsi in modo così pietoso e commovente che parecchi fra gli astanti furono presi da una naturale pietà. Per bocca dell'ossesso e con voce piagnucolosa così dicevano: «Domenico, Domenico, abbi pietà di noi e promettiamo di non nuocerti mai. Tu che tanta compassione hai per i peccatori e per i miserabili, abbi pietà di noi meschini. Oh! soffriamo già tanto, perché ti compiaci di aumentare le nostre pene? Contentati di quelle che ci tormentano. Misericordia! misericordia! misericordia!».
Impassibile davanti ai piagnistei di quegli spiriti, il santo rispose che non avrebbe smesso di tormentarli finché non avessero risposto alla sua domanda. Ed essi replicarono che avrebbero dato la risposta, ma in segreto, all'orecchio e non di fronte a tutti. Domenico tenne duro e comandò che parlassero ad alta voce; ma ogni sua insistenza fu inutile e i demoni si chiusero nel silenzio. Allora il santo si pose in ginocchio e pregò la Madonna: «Vergine potentissima, Maria, in virtù del tuo Rosario comanda a questi nemici del genere umano di rispondere alla mia domanda». Immediatamente dopo questa invocazione, una fiamma ardente uscì dalle orecchie, dalle narici e dalla bocca dell'ossesso; i presenti tremarono dalla paura ma nessuno ne subì danno. E si udirono le grida di quegli spiriti: «Domenico, noi ti preghiamo per la passione di Cristo e per i meriti della sua santa Madre e dei santi: Permettici di uscire da questo corpo senza dir nulla. Gli angeli, quando tu vorrai, te lo riveleranno. Del resto, perché vuoi credere a noi? Non siamo forse dei bugiardi? Non tormentarci oltre, abbi pietà di noi».
«Disgraziati che voi siete, indegni di essere esauditi» — riprese san Domenico, e sempre in ginocchio pregò di nuovo la Vergine santa: «O degnissima Madre della Sapienza, ti supplico per il popolo qui presente che ha già appreso a recitare come si deve il Saluto angelico, obbliga questi tuoi nemici a proclamare in pubblico la verità piena e chiara sul Rosario».
Finita la preghiera vide accanto a sé la Vergine Maria, circondata da una moltitudine di angeli, che con una verga d'oro colpiva l'ossesso e gli diceva: «Rispondi al mio servo Domenico conforme alla sua richiesta». Da notare che nessuno udiva né vedeva la Madonna all'infuori di san Domenico.
A tale comando i demoni presero a urlare:
«O inimica nostra, o nostra damnatrix, o nostra inimica, o nostra damnatrix, o confusio nostra, quare de coelo descendisti, ut nos hic ita torqueres? Per te quae infernum evacuas et pro peccatoribus tanquam potens advocata exoras; o Via coeli certissima et securissima, cogimur sine mora et intermissione ulla, nobis quamvis invitis, et contra nitentibus, totam rei proferre veritatem. Nunc declarandum nobis est simulque publicandum ipsum medium et modus quo ipsimet confundamur, unde vae et maledictio in aeternum nostris tenebrarum principibus.
Audite igitur vos, christiani. Haec Christi Mater potentissima est in praeservandis suis servis quominus praecipites ruant in baratrum nostrum inferni. Illa est quae dissipat et enervat, ut sol, tenebras omnium machinarum et astutiarum nostrarum, detegit omnes fallacias nostras et ad nihilum redigit omnes nostras tentationes. Coactique fatemur neminem nobiscum damnari qui eius sancto cultui et pio obsequio devotus perseverat. Unicum ipsius suspirium, ab ipsa et per ipsam sanctissimae Trinitati oblatum, superat et excedit omnium sanctorum preces, atque pium et sanctum eorum votum et desiderium, magisque eum formidamus quam omnes paradisi sanctos; nec contra fideles eius famulos quidquam praevalere possumus.
Notum sit etiam vobis plurimos christianos in hora mortis ipsam invocantes contra nostra iura salvari, et nisi Marietta illa obstitisset nostrosque conatus repressisset, a longo iam tempore totam Ecclesiam exterminassemus, nam saepissime universos Ecclesiae status et ordines a fide deficere fecissemus. Imo planius et plenius vi et necessitate compulsi, adhuc vobis dicimus, nullum in exercitio Rosarii sive psalterii eius perseverantem aeternos inferni subire cruciatus. Ipsa enim devotis servis suis veram impetrat contritionem qua fit ut peccata sua confiteantur, et eorum indulgentiam a Deo consequantur».
«O nostra nemica, o nostra rovina, o nostra confusione, perché sei venuta dal cielo apposta per tormentarci così fortemente? O avvocata dei peccatori che ritrai dall'inferno, o via sicurissima del paradiso, siamo noi proprio obbligati, a nostro dispetto, a dire tutta la verità? Dobbiamo proprio confessare davanti a tutti ciò che sarà causa della nostra confusione e della nostra rovina? Maledizione a noi, maledizione ai nostri principi delle tenebre.
Ascoltate, dunque, cristiani. Questa Madre di Cristo è onnipotente per impedire che i suoi servi cadano nell'inferno; è lei che, come un sole, dissipa le tenebre dei nostri intrighi e astuzie; è lei che sventa le nostre mene, disfa i nostri tranelli e rende tutte le nostre tentazioni vane e inefficaci. Siamo costretti a confessare che nessuno di quanti perseverano nel suo servizio è dannato con noi. Uno solo dei sospiri ch'ella offra alla SS. Trinità vale più di tutte le preghiere, i voti e i desideri di tutti i santi. Noi la temiamo più di tutti i beati insieme e nulla possiamo contro i suoi fedeli servi.
Vi sia anche noto che molti cristiani che l'invocano nell'ora della morte, che dovrebbero essere dannati secondo le nostre leggi ordinarie, si salvano per sua intercessione. Ah! se questa Marietta — così la chiamavano per rabbia — non si fosse opposta ai nostri disegni e ai nostri sforzi, già da molto tempo noi avremmo rovesciato e distrutto la Chiesa e fatto cadere nell'errore e nell'infedeltà tutti i suoi ordini. Proclamiamo, inoltre, costretti dalla violenza che ci viene usata, che nessuno di quanti perseverano nella recita del Rosario è dannato; perché ella ottiene ai suoi servi devoti una sincera contrizione dei loro peccati per mezzo della quale essi ne ottengono il perdono e l'indulgenza».
Ottenuta questa confessione san Domenico fece recitare il Rosario dagli astanti, adagio e con devozione. Ed ecco una cosa sorprendente! Ad ogni Ave Maria recitata dal santo e dal popolo usciva dal corpo di quell'ossesso una moltitudine di demoni in forma di carboni ardenti. Quando l'infelice ne fu completamente libero, la Vergine santa, sempre non vista, benedisse il popolo e tutti avvertirono una sensibile e vivissima gioia. Questo miracolo causò la conversione e l'iscrizione alla Confraternita del Rosario di molti eretici.