domenica 21 aprile 2013

avvolti in vesti candide



Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. 
E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».
Giovanni, Apocalisse, (7,9.14B-17)

giovedì 11 aprile 2013

Cristo è morto per Emma Bonino.


Se avessi una pur minima speranza di deviare il corso della storia ci proverei. Che so, andrei davanti al Quirinale, pronta anche a stendermi per terra sul manto stradale di via Nazionale, magari con le braccia tutte ricoperte di Bonnie Bracelets Club Monaco (mio ultimo oggetto dei desideri) in modo che mi si veda anche di notte se passa una macchina, sempre che abbia i fari accesi: rischiare la pelle sì, ma con stile. Farei qualsiasi cosa, se potessi, pur di sventare il pericolo che Emma Bonino diventi Presidente della Repubblica.
Se devo pensare a un’idea di male assoluto mi viene in mente chi uccide i bambini sotto il cuore della mamma. Ma non chi lo fa in un momento di disperazione, paura, vigliaccheria, povertà, incoscienza, solitudine, soffrendo di queste cose tutte insieme o di una sola. Quello non è il male assoluto, è solo una persona che sbaglia, e che può ritrovare il bandolo della matassa, che può addirittura, chiesto perdono, salire alle vette della santità . Però una donna che non solo aiuti materialmente le altre donne ad abortire, ma che difenda anche la loro possibilità di farlo, e che la chiami diritto, che spenda la sua intera vita per seminare morte e disperazione con l’arroganza di chi crede di avere ragione, beh, non mi viene in mente niente di più lontano dal bene.
Eppure Gesù Cristo è morto anche per Emma Bonino. Lui la ama. Lui ha dato la sua vita per lei, e fino a che avrà respiro la aspetterà a braccia aperte. Potrebbe anche succedere che la Bonino finisca per superarmi nel regno dei cieli, anzi, è del tutto probabile. Mi fa piuttosto fatica dirlo, ma è così. Io credevo di avere accumulato qualche piccolo vantaggio nella gara, ma magari in uno slancio, sostenuta dalla grazia, lei andrà a sedersi vicina vicina, e io avrò un posto in piccionaia, che poi sono pure miope, porca miseria.
Come si fa ad amare Emma Bonino (e Ignazio Marino, e Corrado Augias, e Odifreddi e Mancuso eccetera eccetera eccetera)? Quattro regole.
Uno:  non parlare mai male di loro. E qui sono già fuori con l’accuso. L’ho fatto, lo faccio sempre, anche pubblicamente. A volte anche da sola, se incontro una di quelle facce mentre leggo il giornale, di sera, quando i figli dormono (mi alleno per quando sarò vecchia, e borbotterò da sola litigando col telegiornale, non vedo l’ora). Argomentare sugli errori politici, sulle leggi, sulle azioni pubbliche, va bene se ci viene richiesto. Si deve denunciare la verità, ma mai parlare male delle persone, care a Cristo più della sua stessa vita.
Due: pregare per loro. Non se ne parla proprio. Prima ho il figlio della mia amica, in pancia, e quello ricoverato, e l’amica di E., e poi M. Le persone malate, i miei figli, mio marito, tutti gli amici fino al cinquantaseiesimo raggio di prossimità, e poi la fame nel mondo, le guerre e ogni fantasiosa attività del principe di questo mondo. Prima di dire una decina per Augias potrei arrivare a preoccuparmi della deforestazione, del dissesto idrogeologico, forse anche un po’ della piaga dei saponi che non rispettano il tuo ph.  Figuriamoci se ho tempo di pregare per quelli che sembrano stare dalla parte del male assoluto. Eppure credo che questa preghiera sciolga il cuore di Dio. E se poi l’oggetto del nostro amore faticoso è quello che mi ha sbarrato la strada al lavoro, quella mamma che mi umilia sempre ostentando i successi della sua prole ogm, quel familiare pesante, quel mio debitore disonesto, insomma persone con cui ho a che fare direttamente, allora si aggiungono altre due regolette.
Tre: mai fare qualcosa che possa danneggiarli, e qui la tentazione a volte è irresistibile.
Quattro: appena si presenta l’occasione, fare qualcosa di buono per lui/lei/loro. Capire a che punto sono del cammino e se per caso ci troviamo più avanti aiutarli a procedere di un passetto. Spiegare qualcosa, consigliare senza giudicare, accompagnare. Ciò significa che incontrando la Bonino per strada non solo non la si debba arrotare, cosa che verrebbe istintivo fare come primissimo atto, anche con una certa urgenza – cristianamente, si intende, sempre con misericordia. No. Anzi. Nel caso si dovrebbe anche offrire un passaggio, e non solo per un miglio ma per due. Qui siamo alla pura fantascienza, ma Gesù lo avrebbe fatto, e noi dobbiamo assomigliargli. Lo dobbiamo fare per far stare bene noi e gli altri. In questo momento di grida e parolacce e insulti e accuse pubbliche, come è riposante quando lo si incontra, in qualcuno che a forza di stare con lui ha finito per essere come lui…

lunedì 8 aprile 2013

Carità. Con viscere di misericordia


“Vi invito a lasciarvi evangelizzare dai poveri. Tante volte pensiamo di essere noi a portare il lieto annunzio ai poveri. Ma loro vivono meglio di altri certi valori, come l’abbandono fiducioso alla Provvidenza, la solidarietà nella sofferenza. I poveri ci evangelizzano. Sono provocazione di Dio per un mondo più giusto, più libero, più in pace, in cui la convivialità delle differenze diventi costume e l’etica del volto diventi motivo ispiratore di ogni comportamento umano. (…) Le nostre chiese devono accogliere i doni dei poveri. Siamo spesso incapaci di ricevere, siamo bravi solo a dare; bravi a lavare i piedi, non a lasciarceli lavare. Gesù ha detto: «Lavatevi i piedi gli uni gli altri». Il marocchino che se ne va per le nostre strade in cerca di casa e di lavoro è l’allegoria del nostro precariato, è l’emblema della nostra mancanza interiore di patria. (…) La Chiesa dunque ha scoperto la fonte dell’evangelizzazione: i poveri. Essi non sono soltanto i destinatari privilegiati dell’annuncio evangelico, non sono i terminali della nostra esuberanza pastorale apostolica, non sono l’oggetto del nostro impegno, ma sono essi stessi i portatori più efficaci del lieto messaggio di salvezza a tutti gli uomini”.

don Tonino Bello ("Carità. Con viscere di misericordia")

Preso da Missio (organismo pastorale della Cei)

Gli usi postmoderni del sesso: Z. Bauman



Per il teorico della "vita liquida" e dell'"amore liquido", come potrebbe il sesso non essersi allo stesso modo liquefatto, con l'affermarsi della società dei consumi? Nel breve saggio "Gli usi postmoderni del sesso", edito dal Mulino, Zygmunt Bauman fa risalire alla liberazione sessuale del Sessantotto, e alla rivoluzione consumistica avviata negli stessi anni, lo scollamento dell'erotismo – e quindi del desiderio – rispetto al sesso e all'amore. Del resto le merci, i beni di consumo, non fanno che accendere il desiderio di possesso (sopito quasi all'istante una volta realizzato), per poi riaccenderlo nei confronti di un nuovo prodotto, in una coazione a ripetere all'infinito. Non si tratta di un discorso moralistico, anzi, il maggior sociologo vivente prima fa i calcoli, quindi presenta il conto del modo postmoderno di intendere e vivere il sesso, l'amore e l'erotismo. 


Z. Bauman, Gli usi postmoderni del sesso, Mulino, Bologna 2013, pp. 84 (con introduzione di M. Ferraris)

mercoledì 3 aprile 2013

CARLO BETOCCHI: AVRO’ LA MIA TOMBA; SARAI TU CHE VERRAI



Avrò la mia tomba; sarai tu che verrai,
morte procace, non squallida come quei timidi
dicono: io son tuo amante, morte, mia morte
che raccogli la vita tra le braccia e la 
tramandi, dalle sue spoglie grano traendo,
e vita, nuova vita nel sole dei morti,
invisibile nella loro pace fruttifera,
da cui un'altra né mai diversa vita risorge,
nulla finisce, anzi tutto continua, o morte,
o amata morte, o amata.

(Carlo Betocchi, "Poesie del sabato", Mondadori, 1980)