Davvero 50 anni fa è nata una Chiesa nuova?
Molti hanno questa idea superficiale del Concilio Ecumenico Vaticano II. Trovano la giustificazione nelle parole del
Vangelo: “Quando verrà lo Spirito Santo, Egli vi porterà alla Verità tutta
intera” (Gv. 16,12-13). La Verità infatti, dicono, nessuno la possiede ed ogni
epoca ne rivela una parte. Con questa “nuova verità” arriva anche il
cambiamento.
Il cambiamento nella Chiesa è il grande
problema di oggi, tanto che ne ha parlato il Papa in uno dei suoi primi
discorsi, il 22 dicembre 2005. Egli però, pur lodando alcune riforme, afferma
che la Verità non può cambiare ma solo essere approfondita. Essa rimane sempre
uguale a se stessa. Anche un corpo crescendo raggiunge nuove qualità e potenzialità, già
però presenti al suo interno. Così la Verità cresce ma non muta. Rimane sempre
la stessa e quando mette in luce nuovi aspetti, questi sono già al suo interno
e con essa sono coerenti.
Il cambiamento c’è stato: basta guardare una
chiesa antica e una moderna oppure guardare la messa. Ma lo si percepisce
ancora di più a proposito del modo di pensare dei preti e della gente. Nel matrimonio prima ci si accompagna poi ci
si sposa. Si tollera l’aborto nei cosiddetti casi disperati. Nella sessualità
si ritiene tutto lecito e si parte subito dai rapporti fisici. È diverso il
modo di pensare le altre religioni e la libertà religiosa viene interpretata
come diritto a seguire l’errore. La fede è diventata “fai da te” così che si
crede solo a ciò che fa comodo e non si va più a Messa la Domenica, perché ciò
che conta è “essere buoni”. Ci si comunica anche in peccato mortale, perché non
si ha più il concetto giusto del peccato.
I più intransigenti affermano che la Chiesa non
è più la stessa e che al suo interno è avvenuta una specie di mutazione
genetica. Sbagliano di certo, ma Benedetto XVI ha parlato di “discontinuità” e
ha affermato che il pericolo di non essere più nella stessa linea di prima,
esiste. Non sono cambiati i principi, Egli ha detto, ma molti teologi hanno
fatto credere che il Concilio avrebbe voluto dire molto di più di ciò che in
effetti ha potuto dire. Costoro, invece che attenersi a testi scritti, ne hanno voluto cogliere
lo spirito (cioè il loro significato più profondo).
Così due interpretazioni (ermeneutiche) hanno
litigato tra loro. Quella della “discontinuità” ha provocato danni ed
atteggiamenti al limite del sopportabile per chi è autenticamente cattolico.
L’altra “ermeneutica della riforma nella continuità” ha prodotto frutti buoni
di rinnovamento procedendo sulla linea di sempre.
Il Concilio, a cui hanno fatto seguito altri
interventi magisteriali, non ha detto che tutte le religioni sono uguali. L’unica
vera e salvifica è solo la Cristiano-Cattolica. Gli aspetti buoni che possono esserci anche al
di fuori di essa, non bastano per raggiungere la salvezza. Possono però
costituire un buon punto di partenza per proporre la conversione a Gesù. In virtù della libertà
religiosa, l’uomo non ha il diritto di professare l’errore, ma ha l’obbligo di
cercare la Verità per aderirvi. E per quanto riguarda l’ecumenismo,
gli elementi comuni con le confessioni cristiane non cattoliche non eliminano
le divisioni dovute al rigetto di parte del patrimonio evangelico. Per cui l’unica e completa Chiesa di
Cristo è quella cattolica.
Lo Spirito Santo non ha mai portato confusione,
e quella di oggi non viene da Lui che dona invece pace e gioia.
Don Giorgio Bellei
(L'articolo è stato preso da qui)