lunedì 23 luglio 2012

mai fidarsi di chi contrappone i fiori alle opere di bene


Nei vasi i fiori del matrimonio celebrato nove giorni fa sono ancora belli, impreziosiscono gli altari della nostra chiesa; oggi celebriamo un funerale.
– Non fiori ma opere di bene – mi colpì questa sentenza, ero adolescente inquieto e ribelle in cerca di giuste cause, mi sembrò indice di una superiore moralità, puritana ed integerrima. Dalle opere di bene all'operare per il bene comune all'operare il male a fin di bene fu un tutt'uno: l'incedere di una generazione. Ero già un uomo quando comprai fiori da riempirne l'auto: per mia madre, da portare in chiesa, al cimitero, da regalare e risalendo i tornanti verso casa mi misi a cantare a voce spiegata; una preghiera di ringraziamento, di lode. Quando mai i fiori avrebbero impedito le opere di bene e come potrebbero? Non amo i puritani e credo gli integerrimi incapaci o impossibilitati ad un sereno esame di coscienza.
Pensieri da contemplazione di un pomeriggio estivo, nitido allo sguardo, il sole caldo rinfrescato dal vento. Giusto un anno fa il campanile scandiva le tre e tra le braccia dei familiari la bara di mia madre lasciava la nostra casa per la liturgia funebre che l'avrebbe accompagnata al cimitero; per tutta la vita si era raccomandata ai nostri morti come intercessori, li aveva pregati offrendo per loro le sue preghiere; un dialogo ininterrotto consapevole del mistero che tutto avvolge e, sebbene peccatori, veneriamo come Comunione dei Santi. Oggi il campanile batte le tre e io mi accodo al corteo funebre di Ebe, morta a 94 anni. Barista della mia infanzia, adolescenza, giovinezza poi, ormai sempre più vecchi tutti e due, una cara presenza con cui scambiare poche chiacchiere, molti buoni convenevoli; il piacere della vicinanza con qualcuno che conosci e ti conosce da sempre. Basta sorridere per veder scorrere la vita a ritroso. In chiesa tutta la sua numerosa famiglia: figli, nipoti e pronipoti, parenti; tante storie, qualcuna più difficile qualcuna meravigliosa. Alcuni sono amici, molte presenze abitudinarie, qualcuno nemmeno lo conosco. Matrimoni e funerali scandiscono l'esistenza delle famiglie. I matrimoni sono, nella gioia, promessa di nuova vita e in questo fondanti le comunità. I funerali sono, nel dolore, promessa di vita eterna e in questo rinsaldano le comunità dispensando grazie necessarie a chi resta: molti affanni, molte preoccupazioni, molte incomprensioni, si rivelano ben poca cosa di fronte ad una morte condivisa. Matrimoni e funerali sono buona occasione per fare pace: con sé stessi, con gli altri, con Dio.
La famiglia presiede le necessità vitali della persona, la Chiesa presiede le necessità vitali della comunità; chiesa e famiglia, istituzioni banalizzate, derise, osteggiate sono i due poli su cui si attesta la difesa dell'umanità nel nostro tempo. Contro l'attacco mercantile che negando l'anima riduce l'uomo a materiale organico da laboratorio genetico; contro l'attacco spiritualista che scarnificandolo lo riduce a sentimento mutevole. Come il senso della famiglia necessita di un luogo circoscritto, uno spazio privato, così il senso della Chiesa necessita di spazi pubblici, luoghi sacri per nutrire, in rivoli infiniti, coloro che l'avvicinano. Sono stato pochi giorni fa a Monte Sant'Angelo, nella grotta dell'Arcangelo Michele, meta millenaria di devozione popolare. Una visita a quelle pietre, un'architettura che racconta i secoli in un colpo d'occhio, così come un matrimonio, un funerale a compimento di una esistenza, sono una benedizione, un dono prezioso. Bisogna renderne merito.

Giovanni Lindo Ferretti, da Avvenire, 22 luglio 2012

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