"Aveva
una speciale capacità d’odio senza alterazioni fisionomiche. Era, forse, un
timido. Ma più frequentemente veniva ritenuto un imbecille. Si sentì
mortificato, stanco. L’antica ossessione della folla: l’orrore de' compagni di
scuola, dei loro piedi, della loro refezione di croconsuelo; il fetore della «ricreazione», il diavolìo
sciocco; le lunghe processioni verso gli orinatoi intasati, in ordine, due a
due; la imperativa maestra che diceva basta a chi la faceva troppo lunga:
alcuni rimandavano dunque il saldo a un tempo migliore. Il disgusto che lo
aveva tenuto fanciullo, per tutti gli anni di scuola, il disprezzo che nei mesi
del dopo guerra aveva rivolto alle voci dei cosiddetti uomini: per le vie di
Pastrufazio s’era veduto cacciare, come fosse una belva, dalla loro carità
inferocita, di uomini: di consorzio, di mille. Egli era uno."
Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, Garzanti, 2008.
Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, Garzanti, 2008.
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