Ecco invece, innanzitutto, la buona novella di Gesù: siamo peccatori, ma il nostro peccato è perdonato. A volte ci si è immaginato che la buona novella consistesse piuttosto in questo: teniamo conto del peccato e facciamo del nostro meglio per non caderci; attenzione quindi a sapere bene dove inizia e dove finisce il peccato, cosa è permesso e cosa è vietato. Ma il sapere se questo è peccato e quello non lo è non costituisce assolutamente l'oggetto primario della buona novella: sarebbe una buona notizia per i farisei, non quella di Gesù. Al contrario, la buona novella di Gesù consiste in questo: il nostro peccato, qualunque esso sia, è perdonato. La nostra unica e immensa gioia è di essere peccatori perdonati: l'unica certezza che ci resta qui sulla terra davanti a Dio è fonte di riconoscenza infinita. La grazia che Gesù vuole accordarci, e che noi cominciamo appena a sospettare, è di saperci peccatori: saperlo è il segno che i nostri occhi finalmente si aprono e che stiamo per essere guariti dalla nostra cecità, è il segno certo della grazia, dell'unica grazia sulla terra, che è anche l'unica gioia del cielo: "C'è più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione" (Lc 15,7).
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Per questo il peccatore non è certamente un estraneo agli occhi di Dio; al contrario, Dio vuole conoscere solo il peccatore e, viceversa, quest'ultimo è il solo a sapere qualcosa su Dio.
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"Il peccatore è al cuore stesso della cristianità. Nessuno è così competente in materia di cristianità come il peccatore. Nessuno, se non il santo". Così, a un certo momento, non c'è più differenza tra il peccatore e il santo: il santo, infatti, non è altro che un peccatore convertito, ed è questo prima di qualunque altra cosa. E ogni peccatore è un santo in potenza.
Mediante questa via del pentimento noi osiamo essere la gioia di Dio, perché Dio ha voluto rivelare il suo amore attraverso una pedagogia del peccato e della grazia.
(Sotto la guida dello Spirito, Andrè Louf)
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