(arrabbiato -ma finalmente- fuori dal coro articolo di Antonio Socci dopo la morte del cardinal Martini)
Vedendo il mare di sperticati
elogi ed esaltazioni sbracate del cardinale Martini sui giornali di ieri, mi è
venuto in mente il discorso della Montagna dove Gesù ammonì i suoi così: “Guai
quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Luca 6, 24-26).
I veri discepoli di Gesù infatti sono segno di
contraddizione: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché
invece non siete del mondo (…) il mondo vi odia. Se hanno perseguitato me,
perseguiteranno anche voi” (Gv 16, 18-20).
Poi Gesù indicò ai suoi discepoli questa beatitudine: “Beati
voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e
v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del
Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la
vostra ricompensa è grande nei cieli” (
Luca 6,20-23).
Una cosa è certa, Martini è sempre stato portato in trionfo
sui mass media di tutto il mondo, da decenni, e incensato specialmente su
quelli più anticattolici e più ostili a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.
Che vorrà dire? Obiettate che non dipendeva dalla sua
volontà? Ma i fatti dicono che Martini ha sempre cercato l’applauso del mondo,
ha sempre carezzato il Potere (quello della mentalità dominante) per il verso
del pelo, quello delle mode ideologiche dei giornali laicisti, ottenendo
applausi ed encomi.
E’ stato un ospite assiduo e onorato dei salotti mediatici
fino ai suoi ultimi giorni.
O vi risulta che abbia rifiutato l’esaltazione strumentale
dei media che per anni lo hanno acclamato come l’Antipapa, come il contraltare
di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto XVI?
A me non risulta. Eppure avrebbe potuto farlo con parole
ferme e chiare come fece don Lorenzo
Milani quando
la stampa progressista e la sinistra intellettuale e politica diceva: “è dei
nostri”.
Lui rispondeva indignato: “Ma che dei vostri! Io sono un prete e basta!”.
Quando cercavano di usarlo contro la Chiesa, lui ribatteva a brutto muso: “in che cosa
la penso come voi? Ma in che cosa?”, “questa Chiesa è quella che possiede i
sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica L’Espresso. E la
comunione e la Messa me la danno loro? Devono rendersi conto che loro non sono
nella condizione di poter giudicare e criticare queste cose. Non sono
qualificati per dare giudizi”.
E ancora: “Io ci ho messo
22 anni per uscire dalla classe sociale che scrive e legge L’Espresso e Il
Mondo. Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come
uno di loro. Perché di loro non sono”, “l’unica cosa che importa è Dio, l’unico
compito dell’uomo è stare ad adorare Dio, tutto il resto è sudiciume”.
Queste meravigliose parole di don Milani, avremmo
voluto ascoltare dal cardinale, ma non le abbiamo mai sentite. Mai. Invece ne
abbiamo sentite altre che hanno sconcertato e confuso noi semplici cattolici.
Parole in cui egli faceva il controcanto puntuale all’insegnamento dei Papi e
della Chiesa.
Tanto che ieri “Repubblica” si è potuta permettere di
osannarlo così: “non aveva mai condannato l’eutanasia”, “dal dialogo con
l’Islam al sì al preservativo”.
Tutto quello che le mode ideologiche imponevano trovava
Martini dialogante e possibilista: “non è male che due persone, anche
omosessuali, abbiano una stabilità e che lo Stato li favorisca”, aveva detto.
E’ del tutto legittimo – per chiunque – professare queste
idee. Ma per un cardinale di Santa Romana Chiesa? Non c’è una contraddizione
clamorosa? Cosa imporrebbe la lealtà?
Quando un cardinale afferma: “sarai felice di essere
cattolico, e altrettanto felice che l’altro sia evangelico o musulmano” non
proclama l’equivalenza di tutte le religioni?
Chi ricorda qualche vibrante pronunciamento di Martini che
contraddiceva le idee “politically correct”? O chi ricorda un’ardente denuncia
in difesa dei cristiani perseguitati?
Io non li ricordo. Preferiva chiacchierare con Scalfari e –
sottolinea costui – “non ha mai fatto nulla per convertirmi”. Lo credo. Infatti
Scalfari era entusiasta di sentirsi così assecondato nelle sue fisime
filosofiche.
Nella seconda lettera a Timoteo, san Paolo – ingiungendo al
discepolo di predicare la sana dottrina – profetizza: “Verranno giorni, infatti,
in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire
qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie,
rifiutando di dare ascolto alla verità, per volgersi alle favole” (Tm 4, 3-4).
Nella sua ultima intervista, critica con la Chiesa, Martini
si è chiesto dove sono “uomini che ardono”, persone “che hanno fede come il
centurione, entusiaste come Giovanni Battista, che osano il nuovo come Paolo,
che sono fedeli come Maria di Magdala?”.
Evidentemente non ne vede fra i suoi adepti, ma nella Chiesa
ce ne sono tantissimi. Peccato che lui li abbia tanto combattuti, in qualche
caso perfino portandoli davanti al suo Tribunale ecclesiastico. Sì, questa è la
tolleranza dei tolleranti.
Martini ha incredibilmente firmato la prefazione a un libro
di Vito Mancuso che – scrive “Civiltà cattolica” – arriva “a negare o perlomeno
svuotare di significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica”.
Ma il cardinale incurante definì questo libro una
“penetrazione coraggiosa” e si augurò che venisse “letto e meditato da tante
persone” (del resto Mancuso definisce Martini “il mio padre spirituale”).
Dunque demolire i dogmi della fede non faceva insorgere
Martini. Ma quando due giornalisti – in difesa della Chiesa – hanno criticato
certi intellettuali cattoprogressisti, sono stati da Martini convocati davanti
alla sua Inquisizione milanese e richiesti di abiura.
Che paradosso. L’unico caso,
dopo il Concilio, di deferimento di laici cattolici all’Inquisizione per
semplici tesi storiografiche porta la firma del cardinale progressista.
“Il cardinale del dialogo”, come lo hanno chiamato Corriere e Repubblica.
I giornali sono ammirati per le sue massime. Devo confessare
che io le trovo terribilmente banali . Per esempio: “emerge il bisogno di lotta
e impegno, senza lasciarci prendere dal disfattismo”.
Sembra Napolitano. Grazie al cielo nella Chiesa ci sono tanti
veri maestri di spiritualità e amore a Cristo. L’altro ritornello dei media è
sull’erudizione biblica di Martini. Senz’altro vera.
Ma a volte il buon Dio mostra un certo umorismo. E proprio
venerdì, il giorno del trapasso di Martini, la liturgia proponeva una Parola di
Dio che sembra la demolizione dell’erudizione e della “Cattedra dei non
credenti” voluta da Martini, dove pontificavano Cacciari e altri geni simili.
Scriveva dunque san Paolo che Cristo lo aveva mandato “ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di
parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è
stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per
noi, è potenza di Dio.
Sta scritto infatti: ‘Distruggerò la sapienza dei
sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti’. Dov’è il sapiente?
Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse
dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché… è piaciuto a Dio salvare i
credenti con la stoltezza della predicazione… Infatti ciò che è stoltezza di
Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli
uomini” (1Cor
1, 17-25).
E il Vangelo era quello delle dieci vergini, dove Gesù –
ribaltando i criteri mondani – proclama “sagge” quelle che hanno conservato la
fede fino alla fine e “stolte” quelle che l’hanno perduta.
Spero che il cardinale abbia conservato la fede fino alla
fine. Le esaltazioni di Scalfari, Dario Fo, “Il Manifesto”, Cacciari gli sono
inutili davanti al Giudice dell’universo (se non saranno aggravanti).
Io, come insegna la Chiesa, farò dire delle messe e prenderò
l’indulgenza perché il Signore abbia misericordia di lui. E’ la sola pietà di
cui tutti noi peccatori abbiamo veramente bisogno. E’ il vero amore. Tutto il
resto è vanità.
Antonio Socci