domenica 30 settembre 2012

DAL DIARIO DI FAUSTINA

Tuttavia al di sopra di tutto confido in Te, o Gesù, poiché sei immutabile. La mia disposizione d'animo è mutevole, Tu invece sei sempre lo stesso, pieno di Misericordia.

      Santa Faustina Kowalska (Q.V, 1483)

sabato 29 settembre 2012

Gesù allungò un braccio dall'altra parte del tavolo e afferrò la mano del vecchio. <<Ogni giorno ci fai esercitare negli stessi movimenti, continuiamo a ripetere quei colpi simili a pennellate e a cantare i medesimi mantra. Perché? Perché quelle azioni diventino naturali e spontanee senza essere indebolite dal pensiero. Dico bene?>>.
<<Sì>>.
<<La compassione funziona allo stesso modo>> aggiunse il mio amico. <<E lo yeti lo sapeva. Amava costantemente, istantaneamente, spontaneamente, senza pensieri o parole. E' questo che mi ha insegnato. L'amore non è una cosa a cui si pensa, ma una condizione in cui si dimora. E' stato il suo dono per me>>.


Christopher Moore, 
Il Vangelo secondo Biff - amico di infanzia di Gesù

venerdì 21 settembre 2012

giovedì 20 settembre 2012

Manifesto di Chisciotte

Non è l'oppositore dei poteri, lui è l'opposto.
Alla potenza oppone l'impotenza, un'altra volontà.
Non sta all'opposizione, che non c'è, sta nell'antipodo.
I poteri si affollano nei centri, da lui spazio ce n'è,
l'opposto è largo, diffamato, sparso.
Quando incontra un suo simile fonda una repubblica
su una stretta di mano, una città
senza sindaco, polizia, giudice, borsa.
Lo rinfresca ogni voce antipatica ai poteri,
ma alla rivoluzione dice: troppo poco,
buttare gambe all'aria, sovvertire non basta,
bisogna sradicarsi dal petto, dal respiro
la volontà di assumere potere, se no si ricomincia.
L'opposto ha un solo articolo della costituzione,
a ognuno fare quello che si vorrebbe fatto a sé.
Erri De Luca, L'ospite incallito, Einaudi, 2009

mercoledì 19 settembre 2012


Dal libro "Continuerà a sorridere (Padre Giuseppe Richetti)"

Chi è il ladro? Colui che si impadronisce della proprietà altrui.
Pensi che il ladro sia colui che spoglia una persona del vestito e non chi invece, potendo, non veste una persona nuda?
Il pane che accaparri appartiene all'affamato, il vestito che hai nel guardaroba appartiene al nudo. Le scarpe che ammuffiscono nella tua scarpiera sono dello scalzo.
Il denaro che conservi di nascosto è del povero.
Quindi rubi a coloro cui potresti dare e non dai.
(San Basilio)

lunedì 17 settembre 2012

Impressione delle Stimmate di San Francesco



Due anni prima che rendesse lo spirito a Dio, dopo molte e varie  fatiche, la Provvidenza divina lo trasse in disparte, e lo condusse su un monte eccelso, chiamato monte della Verna. 
Qui egli aveva iniziato, secondo il suo solito, a digiunare la quaresima in onore di san Michele arcangelo, quando incominciò a sentirsi inondato da straordinaria dolcezza nella contemplazione, acceso da più viva fiamma di desideri celesti, ricolmo di più ricche elargizioni divine. Si elevava a quelle altezze non come un importuno scrutatore della  maestà, che viene oppresso dalla gloria, ma come un servo fedele e prudente, teso alla ricerca del volere di Dio, a cui bramava con sommo ardore di conformarsi in tutto e per tutto. 
Egli, dunque, seppe da una voce divina che, all'apertura del Vangelo, Cristo gli avrebbe rivelato che cosa Dio maggiormente gradiva in lui e da lui. 
Dopo aver pregato molto devotamente, prese dall'altare il sacro libro dei Vangeli e lo fece aprire dal suo devoto e santo compagno, nel nome della santa Trinità. 
Aperto il libro per tre volte, sempre si imbatté nella Passione del Signore. Allora l'uomo pieno di Dio comprese che, come aveva imitato Cristo nelle azioni della sua vita, così doveva essere a lui conforme nelle sofferenze e nei dolori della Passione, prima di passare da questo mondo. 
E benché ormai quel suo corpo, che aveva nel passato sostenuto tante austerità e portato senza interruzione la croce del Signore, non avesse più forze, egli non provò alcun timore, anzi si sentì più vigorosamente animato ad affrontare il martirio. 
L'incendio indomabile dell'amore per il buon Gesù erompeva in lui con vampe e fiamme di carità così forti, che le molte acque non potevano estinguerle. 
L'ardore serafico del desiderio, dunque, lo rapiva in Dio e un tenero sentimento di compassione lo trasformava in Colui che volle, per eccesso di carità, essere crocifisso. 
Un mattino, all'appressarsi della festa dell'Esaltazione della santa  Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalla sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, tenendosi librato nell'aria, giunse vicino all'uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l'effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare e due velavano tutto il corpo. 
A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore. 
Provava letizia per l'atteggiamento gentile, con il quale si vedeva guardato da Cristo, 
sotto la figura del serafino. Ma il vederlo confitto in croce gli trapassava l'anima con la spada dolorosa della compassione. 
Fissava, pieno di stupore, quella visione così misteriosa, conscio che l'infermità della passione non poteva assolutamente coesistere con la natura spirituale e immortale del serafino. Ma da qui comprese, finalmente, per divina rivelazione, lo scopo per cui la divina provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui, I'amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l'incendio dello spirito. 
Scomparendo, la visione gli lasciò nel cuore un ardore mirabile e segni altrettanto meravigliosi lasciò impressi nella sua carne. 
Subito, infatti, nelle sue mani e nei suoi piedi, incominciarono ad apparire segni di chiodi, come quelli che poco prima aveva osservato nell'immagine dell'uomo crocifisso. 
Le mani e i piedi, proprio al centro, si vedevano confitte ai chiodi; le capocchie dei chiodi sporgevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Le capocchie nelle mani e nei piedi erano rotonde e nere; le punte, invece, erano allungate, piegate all'indietro e come ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sul resto della carne. 
Il fianco destro era come trapassato da una lancia e coperto da una cicatrice rossa, che spesso emanava sacro sangue, imbevendo la tonaca e le mutande. 
Vedeva, il servo di Cristo, che le stimmate impresse in forma così palese non potevano restare nascoste ai compagni più intimi; temeva, nondimeno, di mettere in pubblico il segreto del Signore ed era combattuto da un grande dubbio: dire quanto aveva visto o tacere? 



tratto dalle Fonti Francescane (Leg. Maj., I, 13, 3)

SÌ C’ERI. ESISTEVI.

Dialogo tra Oriana Fallaci e Gianna Jessen

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sabato 15 settembre 2012

Cuore di Madre

"Ho offerto come Abramo il mio unico figlio all'Amore,
l'ho accompagnato sul monte del sacrificio,
sperando sempre che a Dio bastasse la mia fiduciosa e totale disponibilità.
E invece viene l'angelo del Signore,
ma non per sospendere il sacrificio,
ma per immolare il mio Isacco.
Gesù ha gridato la sua sete.
Ha implorato perdono per i suoi uccisori.
Ha assicurato il Regno al ladro pentito.
Ha provato il silenzio del Padre.
Ha rimesso la vita nelle Sue mani.
Ed è spirato.
Anche l'ultimo sangue è versato dal cuore squarciato,
perchè nulla rimanga di non offerto
di quel sacrificio incomparabile.
E io sto lì, accanto a lui,
bruciata dalla sua stessa fiamma,
come un roveto che arde e non si consuma".

Meditazione per la XII stazione della Via Crucis - Gesù muore sulla croce 
(Sant'Andrea Pelago, 29 agosto 2012)

Jacopone da Todi, Stabat Mater



Addolorata, in pianto, la Madre sta presso la croce da cui pende il Figlio.
Immersa in angoscia mortale geme nell'intimo del cuore trafitto da spada.
Quanto è grande il dolore della benedetta fra le donne,
Madre dell'Unigenito.

Piange la Madre pietosa contemplando le piaghe del suo Figlio.
Chi può trattenersi dal pianto davanti alla Madre di Cristo in tanto tormento?
Chi può non provare dolore davanti alla Madre che porta la morte del Figlio?
Per i peccati del popolo suo
ella vede Gesù nei tormenti del duro supplizio.
Per noi ella vede morire il dolce suo Figlio, solo, nell'ultima ora.

O Madre, sorgente di amore,
fa chi'io viva il tuo martirio, fa ch'io pianga le tue lacrime.
Fa che arda il mio cuore nell'amare il Cristo Dio, per essergli gradito.

Ti prego, Madre Santa:
siano impresse nel mio cuore le piaghe del tuo Figlio.
Uniscimi al tuo dolore per il Figlio tuo divino
che per me ha voluto patire.
Con te lascia ch'io pianga il Cristo crocifisso finché avrò vita.
Restarti sempre vicino piangendo sotto la croce:
questo desidero.

O Vergine Santa tra le vergini, non respingere la mia preghiera,
e accogli il mio pianto di figlio.
Fammi portare la croce di Cristo,
parteci­pare ai suoi patimenti,
adorare le sue piaghe sante.
Ferisci il mio cuore con le sue ferite,
stringimi alla sua croce,
inebriami del suo sangue.

Nel suo ritorno glorioso rimani, o Madre, al mio fianco,
salvami dall'eterno abbandono.

O Cristo, nell'ora del mio passaggio fa' che,
per mano a tua Madre,
io giunga alla meta gloriosa.
Quando la morte dis­solverà il mio corpo,
aprimi, Signore, le porte del Cielo,
accoglimi nel tuo regno di gloria.
Amen.

Jacopone da Todi, Stabat Mater

venerdì 14 settembre 2012

14 Settembre - ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

Ti  saluto, o Croce Santa,
che portasti il Redentor
Gloria, lode, onor ti canta
ogni lingua ed ogni cuor.


Sei vessillo glorioso di Cristo,
Sua vittoria e segno d'amor
il Suo Sangue innocente fu visto
come fiamma sgorgare dal cuor.


Tu nascesti fra braccia amorose
d'una Vergine Madre, o Gesù,
Tu moristi fra braccia pietose
d'una Croce che data Ti fu.


O Agnello divino, immolato
sulla croce crudele, pietà!
Tu, che togli dal mondo il peccato,
salva l'uomo che pace non ha.
 

Quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti*

 
“La salvezza si attua mediante un «innalzamento», immagine cara a Giovanni per dire la sua profonda comprensione del Crocifisso. Quando sarò innalzato – si legge in 12,32 – attirerò tutti a me: l’innalzamento dice visivamente la modalità della morte di Gesù, sollevato da terra sulla croce, e il significato del suo morire, sollevato in alto verso Dio. Se lo guardi dal basso, vedi nel Crocifisso già i tratti del Risorto, vedi uno sconfitto innalzato; se lo guardi dall’alto, vedi nel Risorto i tratti del Crocifisso, come appunto Gesù mostrerà a Tommaso.
L’Innalzato svela contemporaneamente la duplice verità della Croce.
La grande rivelazione da capire e alla quale aderire – credere significa appunto capire e aderire – è la Croce vista come vittoria, dono e vita. Credere nell’Innalzato è la rigenerazione dall’alto e dallo Spirito, un modo capovolto, del tutto nuovo, di guardare Dio e l’Uomo.
L’Innalzato è Colui che svela l’immenso amore di Dio per il mondo, ed è Colui che salva e dà la vita a chiunque crede in Lui.
Dio ha tanto amato il mondo…: in queste parole traspare la stupita meraviglia del credente che si trova di fronte a un amore divino che nessuno avrebbe osato immaginare”.
 
B. Maggioni, La brocca dimenticata, Vita e Pensiero, 2010.
 
 
Ti ho trovato in tanti posti, Signore…
Ma non sono riuscito a trovarti
nei miei piccoli mali e nei miei banali dispiaceri.
Nella mia fatica
ho lasciato passare inutilmente
il dramma della tua passione redentrice,
e la vitalità gioiosa della tua Pasqua è soffocata
dal grigiore della mia autocommiserazione.
Signore, io credo. Ma tu aiuta la mia fede.
 
Beata Madre Teresa di Calcutta, Ho sentito il battito del tuo cuore.
 
 
* dalla Prima Lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi: 1, 27.

mercoledì 12 settembre 2012

BEATI I POVERI IN SPIRITO (alcune buone considerazioni)

L'umiltà non è difficile da praticare, ma è terribilmente complessa da capire. Santa Teresa del Bambin Gesù diceva: "Il Buon Dio mi ha mandato molte prove, attraverso queste prove mi ha insegnato a rallegrarmi di essere piccola"...

[...] San Benedetto parla di dodici gradi di umiltà; io ne vedo soprattutto tre. Il primo consiste semplicemente nel riconoscere che non abbiamo alcun primato, poiché non siamo Dio.
In Fontain, un romanzo di Charles Morgani, il protagonista cerca il senso della vita. La morte gli insegna che gli uomini sono radicalmente al secondo posto, anche se non sanno che cosa si trovi al primo. Egli non sa se Dio esiste, ma l'inginocchiarsi è per lui un'esigenza morale. L'inginocchiarsi davanti a ciò o a Colui che è al primo posto è un atto di verità. Anche se non si è sicuri dell'esistenza di Dio, si può dire come Charles de Foucauld: "Mio Dio, se esisti insegnami a conoscerti!". E' una preghiera che teoricamente può fare tutto il mondo, in pratica è un'altra cosa. Nella seconda guerra mondiale, un'infermiera adagiata a terra durante un bombardamento avrebbe voluto pregare, ma si è scoperta incapace di farlo. Allora, quasi con rabbia disse a mia madre:" Lei che può farlo, preghi!".
La generazione attuale è travagliata da un terribile rifiuto di questa umiltà:" Dio non domanda di inginocchiarsi, ma di sbocciare, di liberarsi di essere i primi!". Il giorno della mia professione religiosa mi sono disteso a piedi del mio Superiore, un cugino mi disse: "Vedendoti così, proprio te che conosco bene, ho capito che io non potrei farlo!".
Queste impotenze mi fanno paura, perché sono simili a quelle di san Girolamo a proposito del comando di Gesù "amate i vostri nemici". Malgrado le apparenze, si tratta di un comandamento della legge naturale. I nostri nemici sono degli uomini, perciò nostri fratelli; in loro si deve amare la natura umana, quali che siano le loro mancanze o le loro ostilità nei nostri confronti.
San Girolamo si opponeva a coloro che dicevano: "Amare i nemici è impossibile. Si può chiedere di non far loro del male. Ma amarli non si può!". San Girolamo li guardò e disse loro: "Voi non potete amare! Interessante!". Poi spiegò: "Un fratello si presenta davanti ad un Padre Abate dicendo di non potere obbedire; dice che è più forte di lui, bisogna che sia libero di passeggiare dove vuole. L'Abate gli chiede se ne è sicuro e lo invita a fare l'esame radiografico". La radioscopia sono gli Angeli. Hanno dei raggi penetranti che esaminano l'anima, il corpo, la nervatura; fanno dei test e concludono che effettivamente egli non può obbedire. Il Padre Abate disse:"D'accordo, saremo misericordiosi, ti prenderemo così come sei. Non esagerare, fai del tuo meglio, ti si perdonerà. Il certificato degli Angeli ti giustifica, ne terrò conto, Dio ne terrà conto, la Sua giustizia è misericordiosa, conosce le nostre miserie". Un secondo fratello si presenta dicendo che non riesce ad essere paziente. Anche questa volta gli Angeli concludono che egli non può esserlo. "Bene, non gridare troppo forte, calmati, ti sopporteremo". Il terzo dice di non riuscire ad essere casto e gli Angeli confermano. "E sia! Non rinnegare la Legge morale, fai del tuo meglio, ti si perdonerà".
Infine l'ultimo si recò dal Padre Abate: "Dispensatemi dall'amare i miei nemici; non ci riesco." Fece l'esame radiografico e anche qui gli Angeli conclusero che non poteva. L'interessato si disse: "Bene, sono comprensivi, sarò dispensato!". Ma il Padre Abate gli disse:"Questo certificato ti condanna! Le altre erano delle scuse, ma non potere amare è un'impotenza che ti condanna. Essa dà prova che sei un orgoglioso e che hai indurito il cuore!".
L'orgoglio impedisce di amare, e questo ci condanna! Esso ci impedisce anche di pregare o di prostrarci, ed anche questo ci condanna. E' comprensibile che sia difficile pregare ore ed ore; di fatto è più semplice che pregare un secondo. Questa preghiera che dura un attimo è una deflagrazione spirituale, un miracolo più straordinario della risurrezione di un morto.
Dunque, ci sono tre impotenze che ci condannano: amare, essere umili e pregare. La peggiore è di non poter pregare. Secondo la formula insegnata ai bambini di Fatima bisogna pregare anche per quelli che non possono farlo:" Mio Dio, io credo, adoro, spero e vi amo. Vi chiedo perdono per tutti quelli che non pregano, che non adorano, che non sperano e che non vi  amano!".
I Padri del deserto pregavano tutti il tempo; questo desiderio è caratteristico dei monaci. Ma lo ripeto: quando si riuscirà a pregare un secondo si potrà pregare per delle ore intere. La liturgia ortodossa dura otto ore, è molto rilassante, si esce a prendere il tè, si è immersi nella dolcezza della preghiera, senza bisogno di torturarsi le meningi. Entrare in una Abbazia è sufficiente per assaporare questa dolcezza o "morbidezza" della preghiera; una nuvola, una foschia, la colonna di nubi degli Ebrei, la Nuvola della non conoscenza. Non c'è da sforzarsi, bisogna solo entrarvi, come in un monastero i in chiesa.
E' una specie di battesimo, un'immersione nella preghiera di altri. Non si prega mai se non si entra nella preghiera di quelli che sanno pregare. Scivolare nella loro preghiera è un grande segreto, e non occorre affaticarsi. Teresa d'Avila liberava le sue figlie da questa sensazione dicendo: "non so meditare!". Piuttosto insegnava loro a fare orazione, cioè a perdersi in Dio come ci si perde in una folla. Colui che riesce a fare ciò per un solo minuto con il desiderio lancinante e doloroso di farlo in continuazione è già un monaco. [...]
                                                        
                                                     Marie-Dominique Molinié, Chi comprenderà il cuore di Dio?

Al campo sono cresciuta di 5 cm


Tornare a casa dal campo e vedere quanto i ragazzi abbiano amato quest'esperienza è una coperta che ti scalda il cuore. 
Ti accorgi di quanta energia e passione abbiano e di come il mondo è più bello se sono loro a colorarlo. Hanno appena 15 anni, hanno voglia di scoprire, di costruire, di condividere.
S'innamorano con niente e hanno paura che le cose finiscano. L' Amore. La Vita. Ma non lo dicono per non sembrare deboli. Si fanno forza tra di loro e cercano di far sentire la loro voce cantando.
E ti emozioni.
Dicono che non sentono Gesù vicino a loro, che fanno fatica a trovarlo nelle loro giornate, tra le brutte notizie dei grandi e i disastri dei nostri paesi. Non capiscono, ma ci sperano.
Ti ascoltano e ti guardano, cercando di cogliere qualche sicurezza, un sorriso che gli faccia credere che c'è qualcosa di speciale. E ti chiedi se hai davvero qualcosa di utile da dirgli, se rsei capace di tirare fuori il meglio da ciò che vivi, se sei abbastanza. perchè anche tu sei in ricerca, anche tu fai fatica e a volte proprio non sai dove sbattere la testa.
Insieme siamo arrivati con Maria Maddalena fuori dal sepolcro. Abbiamo capito che dobbiamo aspettare, anche se semrba folle a volte. Le sofferenze e i dolori della nostra vista ci annebbiano la vista di pianto, ma rimaniamo lì. E se siamo insieme è più bello.
"Al campo sono cresciuto 5 cm" mi dice Fede che è venuto a Messa tutto tirato perchè è Domenica ed ha imparato che è bello fare festa.
E' cresciuto 5 cm, ma non in altezza. Di cuore...
Lara, Diocesi di Bologna

sabato 8 settembre 2012

PREGHIERA ALLA BEATA VERGINE DEL CASTELLO DI FIORANO

Vergine gloriosissima, 
che su questo colle di Fiorano vi siete degnata di innalzare il Vostro trono di misericordia, ove diffondete da oltre quattro secoli i vostri favori, 
noi gementi sotto il peso delle angustie e tribolazioni, 
detestando sinceramente pentiti i nostri peccati, 
a Voi che siete la nostra Avvocata, la Speranza nostra, 
innalziamo pieni di confidenza la nostra umile preghiera. 
Vedete, o Madre, quanti pericoli nell'anima e nel corpo ci circondano, 
quante calamità ed afflizioni ci turbano;
pietà vi prenda, o Madre buona, 
pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri cari defunti 
e di tanti che si dicono cristiani e pur amareggiano il cuore amabilissimo del Vostro Gesù.

Pietà imploriamo per la patria nostra, 
per il mondo intero che pentito ritorni a Voi, o Madre di misericordia. 

Non cessate, o Potentissima, di interporvi per noi davanti al vostro Divin figlio
finché, tutti condotti, ci abbiate alla patria celeste. 
Così sia.

venerdì 7 settembre 2012

"IO NON SONO MARTINIANO, SONO CATTOLICO. COSA POSSIAMO FARE PER L’ANIMA DI CARLO MARIA MARTINI."


(arrabbiato -ma finalmente- fuori dal coro articolo di Antonio Socci dopo la morte del cardinal Martini)

Vedendo il mare di sperticati elogi ed esaltazioni sbracate del cardinale Martini sui giornali di ieri, mi è venuto in mente il discorso della Montagna dove Gesù ammonì i suoi così:  Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Luca 6, 24-26).  
I veri discepoli di Gesù infatti sono segno di contraddizione: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo (…) il mondo vi odia. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 16, 18-20).
Poi Gesù indicò ai suoi discepoli questa beatitudine: “Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli” (Luca 6,20-23).
Una cosa è certa, Martini è sempre stato portato in trionfo sui mass media di tutto il mondo, da decenni, e incensato specialmente su quelli più anticattolici e più ostili a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.
Che vorrà dire? Obiettate che non dipendeva dalla sua volontà? Ma i fatti dicono che Martini ha sempre cercato l’applauso del mondo, ha sempre carezzato il Potere (quello della mentalità dominante) per il verso del pelo, quello delle mode ideologiche dei giornali laicisti, ottenendo applausi ed encomi.
E’ stato un ospite assiduo e onorato dei salotti mediatici fino ai suoi ultimi giorni.
O vi risulta che abbia rifiutato l’esaltazione strumentale dei media che per anni lo hanno acclamato come l’Antipapa, come il contraltare di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto XVI?
A me non risulta. Eppure avrebbe potuto farlo con parole ferme e chiare come fece don Lorenzo Milani quando la stampa progressista e la sinistra intellettuale e politica diceva: “è dei nostri”.
Lui rispondeva  indignato: “Ma che dei vostri! Io sono un prete e basta!”. Quando cercavano di usarlo contro la Chiesa, lui ribatteva a brutto muso: “in che cosa la penso come voi? Ma in che cosa?”, “questa Chiesa è quella che possiede i sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica L’Espresso. E la comunione e la Messa me la danno loro? Devono rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter giudicare e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi”.
E ancora: “Io ci ho messo 22 anni per uscire dalla classe sociale che scrive e legge L’Espresso e Il Mondo. Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perché di loro non sono”, “l’unica cosa che importa è Dio, l’unico compito dell’uomo è stare ad adorare Dio, tutto il resto è sudiciume”.
Queste meravigliose parole di don Milani, avremmo voluto ascoltare dal cardinale, ma non le abbiamo mai sentite. Mai. Invece ne abbiamo sentite altre che hanno sconcertato e confuso noi semplici cattolici. Parole in cui egli faceva il controcanto puntuale all’insegnamento dei Papi e della Chiesa.
Tanto che ieri “Repubblica” si è potuta permettere di osannarlo così: “non aveva mai condannato l’eutanasia”, “dal dialogo con l’Islam al sì al preservativo”.
Tutto quello che le mode ideologiche imponevano trovava Martini dialogante e possibilista: “non è male che due persone, anche omosessuali, abbiano una stabilità e che lo Stato li favorisca”, aveva detto.
E’ del tutto legittimo – per chiunque – professare queste idee. Ma per un cardinale di Santa Romana Chiesa? Non c’è una contraddizione clamorosa? Cosa imporrebbe la lealtà?
Quando un cardinale afferma: “sarai felice di essere cattolico, e altrettanto felice che l’altro sia evangelico o musulmano” non proclama l’equivalenza di tutte le religioni?
Chi ricorda qualche vibrante pronunciamento di Martini che contraddiceva le idee “politically correct”? O chi ricorda un’ardente denuncia in difesa dei cristiani perseguitati?
Io non li ricordo. Preferiva chiacchierare con Scalfari e – sottolinea costui – “non ha mai fatto nulla per convertirmi”. Lo credo. Infatti Scalfari era entusiasta di sentirsi così assecondato nelle sue fisime filosofiche.
Nella seconda lettera a Timoteo, san Paolo – ingiungendo al discepolo di predicare la sana dottrina – profetizza: “Verranno giorni, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità, per volgersi alle favole” (Tm 4, 3-4).
Nella sua ultima intervista, critica con la Chiesa, Martini si è chiesto dove sono “uomini che ardono”, persone “che hanno fede come il centurione, entusiaste come Giovanni Battista, che osano il nuovo come Paolo, che sono fedeli come Maria di Magdala?”.
Evidentemente non ne vede fra i suoi adepti, ma nella Chiesa ce ne sono tantissimi. Peccato che lui li abbia tanto combattuti, in qualche caso perfino portandoli davanti al suo Tribunale ecclesiastico. Sì, questa è la tolleranza dei tolleranti.
Martini ha incredibilmente firmato la prefazione a un libro di Vito Mancuso che – scrive “Civiltà cattolica” – arriva “a negare o perlomeno svuotare di significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica”.
Ma il cardinale incurante definì questo libro una “penetrazione coraggiosa” e si augurò che venisse “letto e meditato da tante persone” (del resto Mancuso definisce Martini “il mio padre spirituale”).
Dunque demolire i dogmi della fede non faceva insorgere Martini. Ma quando due giornalisti – in difesa della Chiesa – hanno criticato certi intellettuali cattoprogressisti, sono stati da Martini convocati davanti alla sua Inquisizione milanese e richiesti di abiura.
Che paradosso. L’unico caso, dopo il Concilio, di deferimento di laici cattolici all’Inquisizione per semplici tesi storiografiche porta la firma del cardinale progressista. “Il cardinale del dialogo”, come lo hanno chiamato Corriere e Repubblica.
I giornali sono ammirati per le sue massime. Devo confessare che io le trovo terribilmente banali . Per esempio: “emerge il bisogno di lotta e impegno, senza lasciarci prendere dal disfattismo”.
Sembra Napolitano. Grazie al cielo nella Chiesa ci sono tanti veri maestri di spiritualità e amore a Cristo. L’altro ritornello dei media è sull’erudizione biblica di Martini. Senz’altro vera.
Ma a volte il buon Dio mostra un certo umorismo. E proprio venerdì, il giorno del trapasso di Martini, la liturgia proponeva una Parola di Dio che sembra la demolizione dell’erudizione e della “Cattedra dei non credenti” voluta da Martini, dove pontificavano Cacciari e altri geni simili.
Scriveva dunque san Paolo che Cristo lo aveva mandato “ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio.
Sta scritto infatti: ‘Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti’. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché… è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione… Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1, 17-25).
E il Vangelo era quello delle dieci vergini, dove Gesù – ribaltando i criteri mondani – proclama “sagge” quelle che hanno conservato la fede fino alla fine e “stolte” quelle che l’hanno perduta.
Spero che il cardinale abbia conservato la fede fino alla fine. Le esaltazioni di Scalfari, Dario Fo, “Il Manifesto”, Cacciari gli sono inutili davanti al Giudice dell’universo (se non saranno aggravanti).
Io, come insegna la Chiesa, farò dire delle messe e prenderò l’indulgenza perché il Signore abbia misericordia di lui. E’ la sola pietà di cui tutti noi peccatori abbiamo veramente bisogno. E’ il vero amore. Tutto il resto è vanità.

Antonio Socci
Da “Libero”, 2 settembre 2012

martedì 4 settembre 2012

Poiché il Signore ha parlato



per Davide, a nome di tutti



Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte
il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre che copriva tutte le genti.
Eliminerà la morte per sempre;
il Signore Dio asciugherà le lacrime
su ogni volto;
la condizione disonorevole del suo popolo
farà scomparire da tutto il paese,
poiché il Signore ha parlato.
e si dirà in quel giorno:
<<Ecco il nostro Dio;
in lui abbiamo sperato perché ci salvasse;
questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza.
Poiché la mano del Signore si poserà su questo monte>>.
Isaia, 25, 6-10