mercoledì 12 settembre 2012

BEATI I POVERI IN SPIRITO (alcune buone considerazioni)

L'umiltà non è difficile da praticare, ma è terribilmente complessa da capire. Santa Teresa del Bambin Gesù diceva: "Il Buon Dio mi ha mandato molte prove, attraverso queste prove mi ha insegnato a rallegrarmi di essere piccola"...

[...] San Benedetto parla di dodici gradi di umiltà; io ne vedo soprattutto tre. Il primo consiste semplicemente nel riconoscere che non abbiamo alcun primato, poiché non siamo Dio.
In Fontain, un romanzo di Charles Morgani, il protagonista cerca il senso della vita. La morte gli insegna che gli uomini sono radicalmente al secondo posto, anche se non sanno che cosa si trovi al primo. Egli non sa se Dio esiste, ma l'inginocchiarsi è per lui un'esigenza morale. L'inginocchiarsi davanti a ciò o a Colui che è al primo posto è un atto di verità. Anche se non si è sicuri dell'esistenza di Dio, si può dire come Charles de Foucauld: "Mio Dio, se esisti insegnami a conoscerti!". E' una preghiera che teoricamente può fare tutto il mondo, in pratica è un'altra cosa. Nella seconda guerra mondiale, un'infermiera adagiata a terra durante un bombardamento avrebbe voluto pregare, ma si è scoperta incapace di farlo. Allora, quasi con rabbia disse a mia madre:" Lei che può farlo, preghi!".
La generazione attuale è travagliata da un terribile rifiuto di questa umiltà:" Dio non domanda di inginocchiarsi, ma di sbocciare, di liberarsi di essere i primi!". Il giorno della mia professione religiosa mi sono disteso a piedi del mio Superiore, un cugino mi disse: "Vedendoti così, proprio te che conosco bene, ho capito che io non potrei farlo!".
Queste impotenze mi fanno paura, perché sono simili a quelle di san Girolamo a proposito del comando di Gesù "amate i vostri nemici". Malgrado le apparenze, si tratta di un comandamento della legge naturale. I nostri nemici sono degli uomini, perciò nostri fratelli; in loro si deve amare la natura umana, quali che siano le loro mancanze o le loro ostilità nei nostri confronti.
San Girolamo si opponeva a coloro che dicevano: "Amare i nemici è impossibile. Si può chiedere di non far loro del male. Ma amarli non si può!". San Girolamo li guardò e disse loro: "Voi non potete amare! Interessante!". Poi spiegò: "Un fratello si presenta davanti ad un Padre Abate dicendo di non potere obbedire; dice che è più forte di lui, bisogna che sia libero di passeggiare dove vuole. L'Abate gli chiede se ne è sicuro e lo invita a fare l'esame radiografico". La radioscopia sono gli Angeli. Hanno dei raggi penetranti che esaminano l'anima, il corpo, la nervatura; fanno dei test e concludono che effettivamente egli non può obbedire. Il Padre Abate disse:"D'accordo, saremo misericordiosi, ti prenderemo così come sei. Non esagerare, fai del tuo meglio, ti si perdonerà. Il certificato degli Angeli ti giustifica, ne terrò conto, Dio ne terrà conto, la Sua giustizia è misericordiosa, conosce le nostre miserie". Un secondo fratello si presenta dicendo che non riesce ad essere paziente. Anche questa volta gli Angeli concludono che egli non può esserlo. "Bene, non gridare troppo forte, calmati, ti sopporteremo". Il terzo dice di non riuscire ad essere casto e gli Angeli confermano. "E sia! Non rinnegare la Legge morale, fai del tuo meglio, ti si perdonerà".
Infine l'ultimo si recò dal Padre Abate: "Dispensatemi dall'amare i miei nemici; non ci riesco." Fece l'esame radiografico e anche qui gli Angeli conclusero che non poteva. L'interessato si disse: "Bene, sono comprensivi, sarò dispensato!". Ma il Padre Abate gli disse:"Questo certificato ti condanna! Le altre erano delle scuse, ma non potere amare è un'impotenza che ti condanna. Essa dà prova che sei un orgoglioso e che hai indurito il cuore!".
L'orgoglio impedisce di amare, e questo ci condanna! Esso ci impedisce anche di pregare o di prostrarci, ed anche questo ci condanna. E' comprensibile che sia difficile pregare ore ed ore; di fatto è più semplice che pregare un secondo. Questa preghiera che dura un attimo è una deflagrazione spirituale, un miracolo più straordinario della risurrezione di un morto.
Dunque, ci sono tre impotenze che ci condannano: amare, essere umili e pregare. La peggiore è di non poter pregare. Secondo la formula insegnata ai bambini di Fatima bisogna pregare anche per quelli che non possono farlo:" Mio Dio, io credo, adoro, spero e vi amo. Vi chiedo perdono per tutti quelli che non pregano, che non adorano, che non sperano e che non vi  amano!".
I Padri del deserto pregavano tutti il tempo; questo desiderio è caratteristico dei monaci. Ma lo ripeto: quando si riuscirà a pregare un secondo si potrà pregare per delle ore intere. La liturgia ortodossa dura otto ore, è molto rilassante, si esce a prendere il tè, si è immersi nella dolcezza della preghiera, senza bisogno di torturarsi le meningi. Entrare in una Abbazia è sufficiente per assaporare questa dolcezza o "morbidezza" della preghiera; una nuvola, una foschia, la colonna di nubi degli Ebrei, la Nuvola della non conoscenza. Non c'è da sforzarsi, bisogna solo entrarvi, come in un monastero i in chiesa.
E' una specie di battesimo, un'immersione nella preghiera di altri. Non si prega mai se non si entra nella preghiera di quelli che sanno pregare. Scivolare nella loro preghiera è un grande segreto, e non occorre affaticarsi. Teresa d'Avila liberava le sue figlie da questa sensazione dicendo: "non so meditare!". Piuttosto insegnava loro a fare orazione, cioè a perdersi in Dio come ci si perde in una folla. Colui che riesce a fare ciò per un solo minuto con il desiderio lancinante e doloroso di farlo in continuazione è già un monaco. [...]
                                                        
                                                     Marie-Dominique Molinié, Chi comprenderà il cuore di Dio?

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