Un
giorno, presso la Porziuncola, Francesco chiama frate Leone.
Questi
risponde: «Ti ascolto, e sono pronto».
«Scrivi»,
egli disse, «cosa sia la vera letizia. Viene un messaggero e dice che tutti i
dotti dell’Università di Parigi sono entrati nella nostra comunità. Scrivi: in
questo non si trova vera letizia!
Allo
stesso modo, che tutti Prelati al di là delle Alpi, i vescovi e gli arcivescovi
in Francia e in Germania si associano a noi! E così il Re di Francia e il Re d’Inghilterra!
Scrivi: ciò non sarebbe la vera letizia!
Allo
stesso modo, che i miei frati sono andati dagli infedeli e li hanno tutti
convertiti alla fede e che io ho ricevuto da Dio una così grande grazia, che
sano i malati e opero miracoli. Io ti dico che in tutto ciò non c’è la vera
letizia!».
«Ma
che cosa è la vera letizia?».
«Io
ritorno da Perugia e vengo qui in piena notte, nella stagione invernale,
sporco, con il saio ghiacciato e le tibie sanguinanti, e devo a lungo picchiare
alla porta nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, finché non arrivi un frate. Dopo
che mi è stato richiesto il nome, io vengo, poi, trattato scortesemente e
lasciato fuori nell’oscurità con le parole: “Va’ via, tu sei un sempliciotto e
un illetterato. Noi siamo così numerosi e tali che non abbiamo bisogno di te”. Io
busso nuovamente, egli mi spedisce all’Ospedale dei Cruciferi.
Io
ti dico che se non perdo la pazienza e
non divento aggressivo, in ciò si trova la vera letizia, l’autentica virtù e la
salvezza dell’anima».
Fonti
Francescane 278, in
N. Kuster, Francesco d’Assisi maestro di spiritualità,
Padova, 2004.
*
dalla Lettera
di san Giacomo apostolo (1, 2-4). “Considerate perfetta letizia, miei fratelli,
quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la prova della vostra fede
produce la pazienza. E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate
perfetti e integri, senza mancare di nulla”.
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