martedì 18 dicembre 2012

Hanno perseguitato Cristo, oggi perseguitano i Cristiani

Se avessi scritto:  “Venne tra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto” (cfr Gv 1,11), sarei stato meno efficace.
A uccidere i Cristiani cominciò l’Impero Romano, che pur tollerava tutti i culti; e lo fece non certo perché fossero criminali, o perché non riconoscessero l’autorità imperiale. Molti cristiani infatti militavano nell’esercito, con giuramento di fedeltà, e secondo la mentalità del tempo erano pronti a difendere dai “barbari” il “limes”, cioè il confine dell’Impero.
È vero che i persecutori facevano girare su di loro le più strane storie, come l'accusa di sacrificare bambini e berne il sangue, ma queste erano dovute al fatto che i “misteri” erano rivelati solo agli iniziati (e l’accusa del Sangue derivava da una errata comprensione del sacrificio dell’Eucaristia, nel quale sotto le apparenze del pane e del vino si offre il Sangue di Cristo).
Allora perché Roma si sentiva minacciata da loro?
Perchè i seguaci della nuova religione, pur servendo fedelmente Roma, non le riconoscevano un valore assoluto e divino, che riservavano solo a Cristo Dio.
In una parola i cristiani erano - e sono - coloro che al di sopra di ogni valore mettono Gesù.
Ciò non li porta a cercare un altro mondo né a disprezzare le cose della vita terrena, ma a non prenderne mai alcuna come totalizzante. In più ritengono che il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, non possano essere stabiliti dagli uomini, neanche con l’autorità che proviene dalla maggioranza, ma solo da Dio attraverso la legge naturale.
Ieri contestavano all’Imperatore di ritenersi un essere divino e di poter agire a suo arbitrio, oggi parlano di “valori non negoziabili”. Vanno sempre oltre le soluzioni immediate (per esempio “l’amore mi porta a convivere” o “col divorzio mi rifaccio una vita”).
Dicono sempre: “Va bene però... bisogna guardare ciò che dice Dio”, in quanto Lui solo è l’Assoluto. Ed è questo “però” che infastidisce, perché il riferimento a Dio sembra impedire l’esercizio della libertà.
È facile accorgersi, come notano gli storici delle persecuzioni romane, che per gli imperatori, i quali ritenevano se stessi “divini” (facendosi così molto più simili al modello dei tiranni orientali, e rinunciando di fatto a quello della Roma Repubblicana guidata dal Senato), i Cristiani fossero una minaccia.
La persecuzione della Roma antica è per molti aspetti simile alla cristianofobia che oggi pervade l’occidente. Essa qui in Europa non sopprime materialmente, ma opera una discriminazione culturale che emargina la fede cristiana e di fatto la uccide, presentandola come superata, vecchia e nemica dell’uomo.
Guai se i cristiani affermano che Dio ha dei diritti anche nella vita sociale (il Regno Sociale di nostro Signore Gesù Cristo; cfr. enciclica “Quas primas” di Pio XI), o difendono il matrimonio naturale con la sua complementarietà di sessi.
Guai se proclamano che l’amore maturo non è solo attrazione affettiva o pura ricerca di piacere, ma impegno ufficialmente preso di mutua donazione e di procreazione.
Ancor peggio se ricordano alla nostra società materialista che non basta riempire l’uomo di cose, servizi, centri di benessere, sport o della demagogia dei diritti, ma è indispensabile fargli intravedere un fine che vada al di là dei suoi 80 anni di vita.
Negli ultimi due secoli, l’uomo occidentale inebriato di ragione immanente, si è convinto di essere “divino” cioè autore col suo pensiero e con la dittatura del numero, della sua auto-salvezza. E quando uno è convinto di salvarsi da solo, non ha più bisogno di un Salvatore. Chi gliene parla diventa anacronistico e a lungo andare odioso.
Per i cristiani a Natale l’Unico Salvatore torna nel mondo e, a costo di essere perseguitati, Lo vogliono accogliere.
Don Giorgio Bellei
articolo tratto da qui.

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