La Solennità
di Cristo Re,
che segna la fine dell’anno liturgico, nella Chiesa cattolica, nella Chiesa luterana ed in altre denominazioni
cristiane, indica un ricordo particolare di Gesù Cristo visto come Re di tutto
l'universo.
Con essa si vorrebbe sottolineare che la figura di Cristo rappresenta per i
cattolici il Signore della storia e del tempo.
Questa festa fu introdotta da Pp Pio XI (Achille Ratti, 1922-1939), con
l'enciclica “Quas primas” (“Sulla Regalità di Cristo”) dell'11 dicembre 1925.
Dice il Papa nell'Enciclica: « E perché più abbondanti siano i desiderati frutti e
durino più stabilmente nella società umana, è necessario che venga divulgata la
cognizione della regale dignità di nostro Signore quanto più è possibile. Al
quale scopo ci sembra che nessun'altra cosa possa maggiormente giovare quanto
l'istituzione di una festa particolare e propria di Cristo Re. »
Nella forma ordinaria del rito romano la festa coincide con l'ultima
domenica dell'anno liturgico mentre nella forma straordinaria la festa coincide con l'ultima
domenica di ottobre.
Anche nel rito ambrosiano, la solennità di Cristo Re corrisponde all'ultima
domenica dell'anno liturgico, ma - poiché l'Avvento ambrosiano, con cui
comincia l'anno liturgico, è più lungo di due settimane rispetto all'Avvento
romano - essa si colloca all'inizio e non alla fine di novembre.
L'appellativo di “Cristo Re” ha origine da alcuni passi biblici : nel Nuovo Testamento Gesù viene dettoRe (βασιλεύς, basilèus), Re
dei Giudei (βασιλεύς τῶν Ἰουδαίων, basilèus ton Iudàion), Re d'Israele (βασιλεύς Ἰσραήλ, basilèus
Israèl), Re dei re (βασιλεύς βασιλέων, basilèus
basilèon) per un totale di 35 volte, soprattutto nei
racconti della passione, e Figlio di Davide (υἱός Δαυὶδ, uiòs
Davìd) altre 12 volte.
Dall’omelia del Beato Giovanni Paolo
II
- Solennità di
Cristo Re -
(Basilica di San Pietro, 23 novembre 1980) :
« [...] Possiamo
dire senz’altro che la regalità di Cristo, quale anche oggi noi celebriamo e
meditiamo, deve esser sempre riferita all’evento, che si svolge su quel colle
(calvario), ed esser compresa nel mistero salvifico, ivi operato da Cristo:
dico l’evento ed il mistero della redenzione dell’uomo. Cristo Gesù - dobbiamo
rilevare - si afferma re proprio nel momento in cui, tra i dolori e gli strazi
della croce, tra le incomprensioni e le bestemmie degli astanti, agonizza e
muore. Davvero, una regalità singolare è la sua, tale che solo l’occhio della
fede può riconoscerla: “Regnavit a ligno Deus”! (“il legno sul quale Cristo regnò”)
[...] Tuttavia, anche per mantenerci aderenti al contenuto dell’odierna
liturgia, è opportuno insistere sulla funzione regale e concentrare il nostro
sguardo, illuminato dalla fede, sulla figura di Cristo come Re e Signore.
Al riguardo, ovvia appare l’esclusione di qualsiasi riferimento di natura
politica o temporalistica.
Alla formale domanda fattagli da Pilato: “Sei tu il re dei giudei?” (Gv 18,33), Gesù risponde esplicitamente che il suo regno non è di questo
mondo e, dinanzi all’insistenza del procuratore romano, afferma: “Tu lo
dici: io sono re”, aggiungendo
subito dopo: “Per questo sono venuto nel mondo: per rendere
testimonianza alla verità”
(Gv 18,37).
In tal modo, egli dichiara quale sia l’esatta dimensione della sua regalità
e la sfera in cui si esercita: è la dimensione spirituale che comprende, in
primo luogo, la verità da annunciare e da servire. Il suo regno, anche se
comincia quaggiù sulla terra, nulla ha però di terreno e trascende ogni umana
limitazione, proteso com’è verso la sua consumazione oltre il tempo,
nell’infinità dell’eterno.»
(articolo preso da qui)
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