mercoledì 1 agosto 2012

Furberia


Caravaggio, I bari, 1594 circa.
A parte i casi di difesa e di scampo, la furberia è attitudine e direi qualità dell’animo e modalità del contegno sicuramente infame: quand’anche il vocabolo contenga e serbi una nota di ammirazione, sporca ammirazione per l’eroe della furberia.
Nell’ambito della serietà e della onestà civile, operosa costruzione di una società e di una patria, deve ritenersi una frode: e così nell’ambito stesso del lavoro, del commercio, della produzione dei beni. Un commercio è onesto quando non vende articoli fasulli, non prepara alimenti adulterati: è furbo, e cioè disonesto quando invece di condire il risotto con lo zafferano lo colora coi derivati dell’anilina. La furberia è una evasione dai propri compiti e dai necessari limiti mondiali che definiscono ogni attività: limiti che devono essere ininterrottamente osservati nella loro connessione, nella loro necessaria combinazione logica, e direi logico-matematica. La furberia cospira alla cancellazione e alla distruzione della vita associata, sostituendo l’attività storica con una pseudo-storia, o peggio, con una non-storia: in ogni caso con una fabulazione turpe e ladresca che sfocia all’insensatezza e al nulla-di-fatto. (…)
Anche nella vita estetica, nella galanteria e nell’arte, furbo è quegli che crede di poter utilmente indossare una camicia sporca per il giorno delle nozze, o per il giorno della gloria.


Carlo Emilio Gadda, Furberia, in "Almanacco Letterario Bompiani”, 1959.


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